di Massimiliano Catapano
Una diagnosi tardiva, un ricovero mai disposto, e la tragica fine di un ragazzino che a Natale avrebbe dovuto soltanto scartare i regali. Sono queste le coordinate drammatiche che hanno condotto alla sentenza della Corte d’Appello di Salerno sulla morte di Alessandro Farina, il tredicenne di Pellezzano deceduto nel 2017 per una rara forma di diabete non riconosciuta in tempo. I giudici del collegio (presidente Francesco Siano, consiglieri Silvana Clemente e Maria Zambrano) hanno confermato in secondo grado la condanna per omicidio colposo e lesioni colpose nei confronti di due medici dell’ospedale "San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona" di Salerno: una dottoressa in servizio al pronto soccorso e un medico pediatra che prese in carico il caso durante il turno di reperibilità.
Secondo quanto ricostruito nel dispositivo, le condotte dei due sanitari sarebbero state “connotate da colpa e causalmente efficienti nella determinazione del decesso”. Tradotto: gli errori dei medici hanno avuto un peso determinante nella morte del giovane paziente. L’accusa ha sottolineato come gli esami diagnostici non furono eseguiti con la dovuta tempestività, e come il ricovero ospedaliero sarebbe dovuto avvenire sin dal primo accesso al pronto soccorso. Una negligenza ritenuta grave, specie alla luce della sintomatologia presentata e delle condizioni del ragazzo. In primo grado, entrambi i medici erano stati condannati a un anno e otto mesi di reclusione, pena sospesa. Contro la decisione avevano fatto ricorso sia gli imputati - difesi dagli avvocati Silverio Sica, Ester Miglino, Luciano Pepe e Michele Tedesco - sia i familiari di Alessandro, rappresentati dall’avvocato Federico Conte, che chiedevano un riconoscimento più incisivo delle responsabilità.
La Corte d’Appello ha confermato la condanna e ha disposto anche il pagamento di una provvisionale a carico dell’Azienda Ospedaliera Universitaria, che dovrà rispondere in solido per quanto accaduto. La tragedia di Alessandro, morto in uno dei momenti più simbolici dell’anno, il giorno di Natale, resta una ferita profonda per l’intera comunità di Pellezzano. E questa sentenza, per quanto non possa restituire un figlio ai suoi genitori, rappresenta per loro una forma di giustizia attesa da anni. Dietro la freddezza degli atti processuali, resta la storia di un ragazzino che si sarebbe potuto salvare, se solo l'attenzione, il tempo e le cure non fossero stati sprecati.
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