È uscito nelle sale, da qualche giorno a questa parte, Karate Kid: Legends, ultimo prodotto della nota saga di arti marziali. Diamo uno sguardo più da vicino al ritorno di Karate Kid sul grande schermo e analizziamolo per bene. Si avvisa che da qui in avanti saranno presenti spoiler.
Han-Sifu, dopo gli avvenimenti di Karate Kid: La leggenda continua, ha aperto un suo dojo che ha riscontrato un grande successo. Ci viene presentato Li Fong, allievo prediletto del maestro Han – presumibilmente dopo l’uscita di scena di Dre, che non viene né mostrato né nominato – il quale è costretto dalla madre a trasferirsi a New York e ad abbandonare le arti marziali. Qui c’è il primo punto di divergenza, anche interessante, con la storia archetipica di tutti i karate kid, ovvero che Li è già un grande praticante di arti marziali, molto dotato, che però è costretto a causa della madre ad abbandonarle. Lei ha paura che Li, secondogenito, possa fare la fine del fratello maggiore, assassinato dopo un torneo di kung fu che aveva vinto per colpa dell’invidia di un altro contendente alla vittoria. Arrivato a New York, Li conosce Mia e suo padre, un ex pugile italo-americano che ha aperto una pizzeria tramite un prestito con la malavita, in particolare con O’Shea, maestro di arti marziali del villain Connor. Nella prima parte del film Li allena il padre di Mia a tornare sul ring per guadagnare qualcosa con cui saldare il debito con gli strozzini, tuttavia l’avversario gioca sporco e il pugile finisce in ospedale. Nella seconda parte Han-Sifu fa visita a Li a New York e lo spinge a partecipare ad un torneo di Karate che si svolge nelle strade della città, dove in palio sono stati messi 30000 dollari, capaci di pagare le cure del padre di Mia e di saldare il suo debito. Han chiede l’aiuto a Daniel La Russo, svelando come il Miyagi-do karate derivi dal Kung Fu di Han e, quindi, come i due stili siano due rami dello stesso albero. I due allenano Li che vince il torneo.
Il protagonista è sicuramente uno dei punti più forti del film. Ben Wang ha interpretato il suo personaggio in maniera magistrale, facendolo somigliare ad un Jackie Chan in miniatura. Anche lo stesso Jackie ha svolto un lavorone nell’interpretare un Han cambiato dall’esperienza con Dre, che sorride di nuovo alla vita ma che ricorda l’importanza di un allievo. L’interazione dei due personaggi e l’eredità marziale lasciata da Han a Li è sicuramente un altro punto forte, così come il twist alla trama che comporta. In karate kid non abbiamo mai visto un allievo improvvisarsi maestro, e nel mostrarlo è bello vedere come lo spirito che Han trasmetteva nel capitolo precedente è ancora saldo e vivo nell’agire dell’attuale allievo. Anche i personaggi di Mia e Victor sono scritti ed interpretati bene, e tutto fila liscissimo per la prima parte del film. Durante la seconda parte, invece, alcuni altarini cadono. Uno dei punti deboli del film sono sicuramente i villain che non riescono a tenere botta con il carisma del team-buoni. Connor è fortissimo e ci viene mostrato subito, ma oltre ad avere l’aria da ragazzo tossico non è rilevante alla trama (ancora meno di Chen, del capitolo precedente), così come il suo maestro lo è ancor meno, comparendo solo per fare qualche sorrisetto malizioso ai protagonisti. L’altro punto debole del film è proprio La Russo. Il personaggio non fa cose fuori dalla natura, né viene interpretato male, ma è confinato ad un ruolo di comparsa per tutto il film. La presenza del secondo maestro, esclusa qualche gag genuinamente simpatica, sembra a tratti solo una trovata pubblicitaria. Questo non perché non servisse, ma perché non gli è stato dato il tempo di svilupparsi a dovere. Stesso problema lo si trova nel torneo finale, che è presentato come qualcosa di assurdo (una sfida nelle diverse strade di New York, qualcosa di interessante no?), invece si riduce a un insieme di scontri di poco conto su un tappeto in una terrazza, da pochi secondi ognuno, con uno scontro finale che sebbene appagante graficamente non riesce a competere con i rivali di ben più alto livello della trilogia originale o del reboot. Qualcosa è andato storto, in un film che sembrano un film con un cortometraggio appiccicato un po’ a forza ma che, sviluppato separatamente, poteva essere il migliore capitolo della saga.
Karate Kid: Legends è un bel film, dall’aspetto grafico ottimo, appagante e che scorre, ma non è esente da difetti. Si merita il titolo di Karate Kid, ma non riesce ad entrare nell’olimpo della saga. È capace di dare un twist interessante alla saga, ma alcune parti sembrano scorrere troppo velocemente rispetto a quanto sono importanti per la trama. La visione è comunque consigliata, poiché il film la merita e chissà se un giorno potremo vedere di nuovo i due rami dello stesso albero collaborare, magari con i giusti tempi e i giusti mezzi.
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