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Martina non è morta subito: quattro colpi alla testa e lesioni al collo. Agonia e crudeltà aggravano l'orrore

03/06/2025

di Massimiliano Catapano

Un’Italia sconvolta, una famiglia distrutta, una comunità spezzata. E una verità che lacera ancora più profondamente: Martina Carbonaro, la ragazza di appena 14 anni uccisa ad Afragola, non è morta subito. A rivelarlo è l’autopsia effettuata martedì 3 giugno sul suo corpo, che ha confermato ciò che già si temeva: Martina ha sofferto, ha agonizzato a terra dopo essere stata brutalmente colpita. A toglierle la vita è stato Alessio Tucci, 18 anni compiuti da poco, con cui la giovane aveva una relazione. Un femminicidio atroce consumatosi all’interno di un casolare abbandonato, tra pietre, sangue e silenzio.

I risultati dell'autopsia: un'aggressione di inaudita ferocia

Secondo i risultati dell’esame autoptico, eseguito presso l’ospedale "San Giuliano" di Giugliano in Campania dalla dottoressa Raffaella Salvarezza su incarico della Procura di Napoli Nord, sul corpo della giovane sono state riscontrate almeno quattro ferite principali al cranio, distribuite tra la fronte e la nuca. I periti hanno riscontrato anche una vasta frattura cranica accompagnata da emorragia, segno di un impatto violento e reiterato. Non solo: sono emerse anche lesioni compatibili con un’azione compressiva sul collo, segno che Martina avrebbe potuto subire ulteriori violenze anche dopo essere stata colpita. Presenti durante l’autopsia anche i consulenti nominati dalle parti: per la famiglia della vittima i dottori Pietro Tarsitano e Omero Pinto, incaricati dall’avvocato Sergio Pisani. Per la famiglia dell’imputato, il medico legale Antonio Palmieri, delegato dall’avvocato Mario Mangazzo. Ma è il dettaglio più crudele a scuotere le coscienze: Martina non è spirata immediatamente. Ha lottato per alcuni istanti, ha subito un’agonia che trasforma l’orrore in condanna. Una sofferenza che rappresenta un’aggravante pesantissima sul piano penale e morale: quella della crudeltà.

Un intero Paese invoca l'ergastolo: nessuno vuole sentire scuse

Nel frattempo, la rabbia e il dolore crescono. La famiglia di Martina, i suoi amici, i cittadini di Afragola, e milioni di italiani chiedono che venga fatta giustizia fino in fondo. Nessuna attenuante, nessuna giustificazione, nessuna pietà: per Alessio Tucci l’unica condanna possibile è l’ergastolo. A 18 anni ha tolto il futuro a una ragazzina, ha inferto ferite irreparabili a un'intera comunità e ha mostrato una violenza inaccettabile. Tutti coloro che hanno amato Martina - genitori, parenti, amici - pretendono giustizia. E la giustizia, in questo caso, non può che tradursi nella pena massima prevista dal nostro ordinamento: il carcere a vita. Non può esserci spazio per formule alternative, per sconti di pena, per psicologismi difensivi. Nessuno, oggi, è disposto a tollerare compromessi.

Domani i funerali: il saluto di una città in ginocchio

Domani, mercoledì 4 giugno, Afragola si fermerà per salutare Martina. La comunità si stringerà attorno alla famiglia in una cerimonia funebre che sarà anche un grido collettivo contro la barbarie, contro la cultura del possesso, contro la violenza maschile che ancora oggi uccide le donne, le bambine, le madri, le figlie. Sarà il momento del dolore, ma anche della consapevolezza: nessuno potrà più voltarsi dall’altra parte. Martina è morta per mano di chi avrebbe dovuto proteggerla. E se oggi il dolore è insopportabile, domani dovrà diventare battaglia civile. Perché tragedie come questa non siano mai più possibili. E perché, per chi ha spento la sua vita, l’unica risposta possibile della giustizia sia definitiva e senza appello: ergastolo.

Salerno - Cronaca -

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