di Massimiliano Catapano
"Mi ha rifiutato un abbraccio, e l’ho colpita". Così, con parole gelide e senza alcun pentimento, Alessio Tucci – 18 anni – ha confessato ai Carabinieri di aver ucciso Martina Carbonaro, la sua ex fidanzata, una ragazza di appena 14 anni. Lo ha fatto con una pietra, colpendola ripetutamente alla testa e lasciandola senza vita tra i rifiuti di un casolare abbandonato ad Afragola, a pochi passi dallo stadio "Moccia". La dinamica dell’omicidio è emersa con chiarezza nel corso delle indagini coordinate dalla Procura di Napoli Nord. A guidarle, la procuratrice Anna Maria Lucchetta, che ha denunciato pubblicamente la ferocia dell’atto, privo di qualsiasi barlume di umanità, e ha parlato di aggravante per crudeltà e per la relazione affettiva interrotta. "Martina non voleva più stare con lui. E questo, per Tucci, è bastato per agire con brutale determinazione", ha dichiarato la pm in una conferenza stampa carica di indignazione.
I dettagli emersi sono agghiaccianti. Secondo la ricostruzione, Alessio ha attirato Martina nel casolare, presumibilmente con il pretesto di chiarire. Quando lei ha rifiutato un abbraccio, lui ha raccolto una pietra presente sul posto e ha cominciato a colpirla con violenza, più e più volte alla testa, fino a ucciderla. Poi ha trascinato il corpo sotto un cumulo di rifiuti, forse nel tentativo di nasconderlo. A confermare tutto, anche i filmati delle telecamere di sorveglianza e il ritrovamento degli occhiali da vista della ragazza, vicino al cadavere. Il giovane è stato convocato in caserma mentre si trovava ancora a casa della vittima, con i genitori. Di fronte alle immagini e alle prove schiaccianti, ha ceduto e confessato. "Non chiedetemi quanti colpi ha inferto - ha detto la pm Lucchetta ai giornalisti - questo lo stabilirà l’autopsia, ma posso dire che ha agito con crudeltà".
Il fermo è stato convalidato. La Procura ha contestato le aggravanti più gravi previste per questi casi. Ma ora è il Paese intero, e non la magistratura, a chiedere a gran voce una condanna esemplare: l’ergastolo. Perché non si può parlare di raptus. Qui c’è premeditazione, crudeltà, violenza cieca contro una ragazza che aveva solo espresso il diritto di dire "No". "È ora che ci interroghiamo seriamente - ha proseguito Lucchetta - non solo sulle pene, ma sulla cultura che stiamo trasmettendo. Dobbiamo educare i figli all’amore vero. Voler bene significa rispetto, non possesso. Accoglienza, non controllo". Il caso ha evocato, nelle parole della pm, anche lo stupro di Caivano: "Anche lì i responsabili erano giovanissimi. Serve un cambiamento sociale radicale, non possiamo più permetterci di reagire solo dopo la tragedia". La morte di Martina Carbonaro non può restare solo una notizia di cronaca. È un colpo al cuore dell’Italia. E adesso l’intero Paese, compatto, chiede giustizia. La sola sentenza moralmente accettabile per Alessio Tucci è l’ergastolo. Qualsiasi altra pena sarebbe un affronto alla memoria di Martina.
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