di Massimiliano Catapano
Martina Carbonaro aveva solo 14 anni. Un’età in cui si dovrebbero contare i sogni, non le ferite. Invece è stata colpita a morte, come un animale da cacciare, da chi diceva di amarla. Alessio Tucci, 18 anni, classe 2006 (a luglio compirà 19), ha confessato. Ha ucciso Martina con una pietra, l’ha massacrata nel luogo in cui un tempo si scambiavano parole da adolescenti, oggi divenuto scenario di orrore. Poi ha nascosto il corpo in un vecchio armadio, come fosse un oggetto da cancellare, non la vita innocente di una ragazza. È successo ad Afragola, nella provincia di Napoli. Una cittadina che oggi si sveglia senza fiato, sommersa dallo sdegno. Ma stavolta non basta più piangere. Stavolta serve urlare. Serve dire le cose come stanno. Martina era uscita per un gelato con un’amica. Indossava jeans e una maglietta nera. Avrebbe dovuto tornare a casa presto, lo aveva detto alla mamma alle 20.30. Ma non è più tornata. La madre, Enza Cossentino, ha lanciato un appello disperato. Le forze dell’ordine si sono subito mobilitate, e grazie a un’intensa attività investigativa dei Carabinieri di Castello di Cisterna e della Compagnia di Casoria, la verità è emersa, agghiacciante.
"L’ho uccisa perchè mi aveva lasciato", avrebbe detto il diciottenne agli inquirenti. Uno schiaffo, due settimane prima, aveva segnato la fine della loro relazione. Lei, con coraggio, si era allontanata. Lui no. Lui covava odio. Un odio che ha colpito senza pietà. Alessio Tucci è ora accusato di omicidio pluriaggravato e occultamento di cadavere. Ha confessato. Ma non basta la confessione. Non bastano le lacrime di coccodrillo. Chi massacra una ragazza, chi uccide per vendetta, chi si sente "proprietario" di una persona, deve marcire in carcere. Nessuna attenuante, nessuna scorciatoia processuale. ERGASTOLO. La magistratura ora ha una responsabilità storica. Non può cedere. Non può cercare “spiegazioni psicologiche” che svuotano la gravità dell’atto. Qui c’è un solo nome per la pena: carcere a vita. Senza se, senza ma. Chi uccide una donna deve morire in prigione.
Questa non è solo una tragedia, è una dichiarazione di guerra contro tutte le Martine del nostro Paese. Non si può più attendere. Serve una riforma, vera, che metta al centro la difesa della vita femminile. Ogni femminicidio è uno schiaffo in faccia all’Italia intera. E noi non abbasseremo più lo sguardo. Sentite condoglianze alla famiglia di Martina Carbonaro dalla redazione di Salernoinweb. Il nostro pensiero va a voi, con dolore e indignazione.
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