di Massimiliano Catapano
La Direzione Distrettuale Antimafia di Salerno ha avviato una complessa indagine che potrebbe scoperchiare uno dei sistemi più radicati e opachi della provincia: la gestione sospetta dei fallimenti e delle aste giudiziarie, in cui si intrecciano camorra, professionisti compiacenti e occasioni di arricchimento illecito. Il procuratore della Repubblica Giuseppe Borrelli ha affidato il delicato fascicolo alla pm Elena Guarino, volto già noto per l’impegno antimafia, mentre le indagini sono condotte dagli investigatori della DIA. L’obiettivo è fare luce su un presunto sodalizio criminale che, da Salerno a Vallo della Lucania, avrebbe manipolato le procedure giudiziarie in materia di fallimenti e vendite immobiliari, con la complicità di istituti bancari, società finanziarie, usurai e operatori del mercato immobiliare.
Il sospetto, inquietante, è che dietro l'apparente legalità delle aste si celi un vero e proprio "mercato nero legale", in cui famiglie indebitate e imprese in difficoltà finiscono per diventare vittime sacrificali di un sistema spietato. Il tutto con la regia occulta di clan camorristici, che avrebbero utilizzato prestanome per riciclare denaro sporco in hotel, ville e strutture turistiche, soprattutto nella zona del Cilento. Le prime verifiche si sono concentrate su operazioni immobiliari avvenute a Marina di Camerota: la struttura "Arco Iris Sas" acquistata per poco più di un milione di euro dalla "Vale Srl" e il ristorante-albergo "Acquario", rilevato per 620mila euro dalla "Vera Marina Resort Srl". Apparentemente affari limpidi, che tuttavia potrebbero essere riesaminati sotto il profilo del riciclaggio, anche alla luce del fatto che le società acquirenti, secondo quanto emerso da un’indagine della Guardia di Finanza, non disponevano di mezzi economici né di mutui per sostenere tali acquisti.
Un quadro aggravato da un’altra anomalia: la figura di stimati commercialisti cilentani, presenti anche nei registri dei professionisti delegati alle vendite immobiliari e fallimentari, che in alcuni casi ricoprivano contemporaneamente incarichi di consulenza per banche creditrici e ruoli di curatori o custodi giudiziari. Un cortocircuito di ruoli che potrebbe avere favorito la svendita di beni a soggetti vicini alla criminalità organizzata. Eppure i segnali d’allarme c’erano. Già nel 2018, durante un convegno sulla legalità, un pubblico ministero di Vallo della Lucania aveva denunciato pubblicamente l’interesse crescente dei clan camorristici verso il comparto turistico-alberghiero del Cilento. Un’allerta che sembrava preludere a un’inversione di tendenza, ma che si è dissolta nel nulla: lo stesso magistrato, poco dopo, chiese l’archiviazione di una denuncia proprio contro la "Vale Srl". Non mancano neppure le ombre sulle procedure di cessione di beni demaniali, come nel caso del progetto "Kamarina", in cui il Comune, non proprietario dell’area, avrebbe ceduto oltre 120 metri quadri di suolo marittimo per finalità turistiche. Anche questo dossier è oggi al vaglio degli inquirenti.
Il fenomeno, d’altronde, si nutre di una normativa che, pur accelerando le tempistiche del recupero crediti, ha aperto spiragli pericolosi: la possibilità di presentare offerte inferiori alla base d’asta ha trasformato le vendite immobiliari in un terreno fertile per speculatori senza scrupoli. In molti casi, le abitazioni vengono aggiudicate a prezzi irrisori - tra i 10mila e i 50mila euro - e rivendute con forti rincari, talvolta agli stessi debitori esecutati, senza alcuna tutela sociale. L’inchiesta aperta dalla Procura Antimafia vuole ora andare fino in fondo. Le attività investigative stanno passando al setaccio nomi, operazioni, incroci societari e relazioni professionali che da troppo tempo operano indisturbati sotto la copertura di ruoli pubblici e titoli di prestigio. E mentre i riflettori si accendono anche su Torchiara, dove a breve si terrà un corso di aggiornamento per professionisti delegati alle vendite, il timore è che proprio quei corsi, destinati a formare figure di garanzia, siano diventati paravento per una rete di interessi occulti. La procura guidata da Borrelli vuole rompere il silenzio su un sistema che da anni si alimenta delle fragilità economiche di famiglie e imprese. Il rischio concreto è che, dietro la maschera di operazioni legittime, si stia consumando una delle più gravi infiltrazioni mafiose nel tessuto economico e istituzionale del territorio. Una verità che ora, grazie al lavoro dell’Antimafia, potrebbe finalmente venire alla luce.
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