di Massimiliano Catapano
Sono passati quindici anni dall’omicidio di Angelo Vassallo, sindaco di Pollica, e la giustizia ancora arranca. Il killer è libero, la pistola utilizzata - una "21 Baby Tanfoglio" - non è mai stata ritrovata, e il contesto di illegalità che Vassallo aveva coraggiosamente denunciato continua a prosperare, tra lottizzazioni abusive e cemento selvaggio nel cuore del Cilento. Giovedì prossimo, il Tribunale del Riesame di Salerno sarà chiamato a riesaminare l’ordinanza di custodia cautelare emessa nel nuovo procedimento, dopo l’annullamento con rinvio disposto dalla Corte di Cassazione. Il nodo è la posizione del colonnello dei Carabinieri Fabio Cagnazzo, del brigadiere Lazzaro Cioffi e dell’imprenditore Giuseppe Cipriano, attualmente detenuti con l'accusa di essere coinvolti nell’assassinio del Sindaco Pescatore. Un processo complicato, che si sviluppa sullo sfondo di un’indagine tormentata e che, come spesso accade nei grandi casi italiani, lascia dietro sé una lunga scia di domande senza risposte. La Cassazione, l’8 maggio scorso, ha reso note le motivazioni con cui ha smontato le basi dell’ordinanza cautelare firmata dal Gip e confermata dal Riesame. Tra le criticità rilevate, l’inutilizzabilità delle dichiarazioni del collaboratore Eugenio D’Atri, la dubbia attendibilità di Romolo Ridosso e la mancata prova concreta della partecipazione di Cagnazzo a un traffico di stupefacenti.
Ancora più fragile, secondo la Suprema Corte, sarebbe la dimostrazione dell’accordo preventivo per inquinare le indagini, considerato uno dei presupposti chiave per giustificare la detenzione. "Quali elementi - si domandano i giudici - indicano davvero il rafforzamento del proposito criminoso altrui da parte di Cagnazzo mediante l’assicurazione di un successivo depistaggio?". È una delle tante domande che attendono risposta giovedì. Ma la questione più scottante resta quella della composizione del collegio del Riesame. Saranno gli stessi giudici che avevano già confermato la misura cautelare poi annullata. Una scelta inevitabile, poichè Salerno dispone di una sola sezione del Riesame, ma che solleva dubbi legittimi. Può un giudice, già smentito in precedenza dalla Cassazione, riesaminare con imparzialità lo stesso impianto probatorio? Il dibattito giuridico è aperto da anni e anche le sezioni della Cassazione hanno espresso sentenze contrastanti nel 2021. Nel frattempo, la figura del colonnello Cagnazzo continua a dividere: accusato, detenuto, eppure ritenuto non pericoloso sul piano sanitario dai periti incaricati, che hanno escluso la possibilità di detenzione domiciliare nonostante le sue condizioni cardiache. Una vicenda che si aggiunge alla sensazione di un’inchiesta in bilico, in cui il tempo ha sgretolato prove e contesto.
Il passato pesa, come dimostra la prima indagine sull’omicidio Vassallo, che aveva indicato come presunto colpevole Umberto Damiani, pregiudicato recentemente arrestato per altre vicende ma da tempo scagionato da ogni responsabilità nel delitto. La procura salernitana, allora, chiese scusa per l’errore. Oggi, le indagini ripartono da una nuova costruzione accusatoria, ma con fondamenta ancora incerte. E intanto il contesto non cambia: lo stesso "Sistema Cilento" contro cui Vassallo lottava continua indisturbato. Gli stessi volti, gli stessi affari, le stesse logiche. La vera domanda che aleggia su questo nuovo processo non è solo "chi ha ucciso Angelo Vassallo?", ma anche: "chi sta davvero cercando la verità?". La Cassazione, in una recente sentenza su un altro caso di cronaca nera - quello di Chiara Petrolini a Parma - ha affermato che le esigenze cautelari devono basarsi su fatti ancora attuali e ripetibili. In questo caso, il presunto movente, legato al traffico di droga, resta affidato solo alle parole dei collaboratori di giustizia. E i rischi di inquinamento probatorio o di reiterazione del reato appaiono oggi, a distanza di quindici anni, sempre più fragili e scoloriti. Giovedì, a Salerno, si scriverà una nuova pagina. Ma il dubbio resta: sarà davvero diversa da quelle già scritte?
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