di Massimiliano Catapano
Ha parlato a lungo, con fermezza e senza esitazioni, Lazzaro Cioffi, l’ex brigadiere dei carabinieri finito al centro di una delle vicende giudiziarie più intricate degli ultimi anni: l’omicidio del sindaco di Pollica, Angelo Vassallo. Lo ha fatto davanti alle telecamere del programma televisivo "Le Iene", nel corso di un’intervista esclusiva concessa a Giulio Golia (fotogramma Mediaset Infinity), realizzata nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere con l’autorizzazione del Gip di Salerno. Un colloquio durato sei ore, la cui sintesi è stata trasmessa per la prima volta nelle scorse ore, riportando l’attenzione mediatica su un caso che continua a scuotere l’opinione pubblica. Cioffi, già condannato in via definitiva a dieci anni di reclusione per corruzione, favoreggiamento al clan Fucito e concorso in traffico di stupefacenti, respinge con decisione l’accusa che dal 7 ottobre lo vede indagato anche per l’uccisione di Angelo Vassallo. Insieme a lui, nella misura cautelare, figurano anche il colonnello Fabio Cagnazzo, l’imprenditore Giuseppe Cipriano e Romolo Ridosso, collaboratore di giustizia legato alla camorra. Secondo l’ipotesi investigativa, i quattro avrebbero avuto un ruolo in un vasto traffico di droga via mare, con arrivi nel porto di Acciaroli e successivo stoccaggio in un deposito a Torre Caleo. Vassallo, che aveva intuito l’esistenza di questo sistema, sarebbe stato assassinato per impedirgli di denunciarlo.
Ma Cioffi si difende con determinazione: "Non ho ucciso io il sindaco di Pollica. È tutto un complotto ordito dalla camorra per farci arrestare, davamo troppo fastidio". Un’accusa pesante, che ribalta la narrazione emersa sinora dalle indagini. L’ex brigadiere sostiene di avere un alibi ben preciso per la sera dell’omicidio: "Ero a una comunione a Roccarainola fino alle nove e mezza di sera, poi sono andato a un concorso di bellezza dove partecipava mia figlia, a Cancello di Scala". Due località situate a oltre due ore di macchina da Pollica, un dettaglio geografico che, se verificato, potrebbe rivelarsi decisivo. Secondo quanto emerso in questi anni, alcuni pentiti avrebbero indicato proprio Cioffi come l’esecutore materiale del delitto, ma l’ex militare rilancia una pista alternativa, emersa nei primi giorni dell’inchiesta e poi abbandonata dagli inquirenti: quella di un movente personale legato alla gelosia, alla vendetta di un uomo tradito da una donna. Un’ipotesi mai realmente approfondita, secondo lui volutamente messa da parte per inquadrare l’omicidio in un contesto più grande e "comodo" per certi equilibri.
Per anni Cioffi ha operato come investigatore nell’ambito antidroga, con un passato operativo nel Parco Verde di Caivano, teatro di criminalità organizzata e traffici illeciti. La sua figura resta complessa: da un lato un uomo accusato di gravi reati, dall’altro un ex carabiniere che sostiene di essere stato vittima di un sistema corrotto e vendicativo. La sua versione, raccolta da Le Iene, offre uno spaccato inquietante di quanto ancora resti da chiarire attorno all’omicidio del "sindaco pescatore", come veniva chiamato Angelo Vassallo per il suo impegno ambientalista e la sua battaglia contro le infiltrazioni mafiose sul litorale cilentano. A quasi quattordici anni da quella tragica sera del 5 settembre 2010, la verità sembra ancora lontana, sepolta tra depistaggi, interessi criminali e silenzi che pesano come macigni. L’intervista a Cioffi non fornisce risposte definitive, ma rilancia interrogativi urgenti su una delle ferite più profonde della storia recente del nostro Paese.
IL SERVIZIO in onda su Italia 1.
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