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Malasanità al "Ruggi": il caso di Cristina Pagliarulo e l'ennesima tragedia evitabile

22/03/2025

Un'altra vita spezzata, un'altra tragedia che lascia l'amaro in bocca e fa riflettere sulla gestione delle emergenze negli ospedali italiani. Cristina Pagliarulo, 41 anni, madre e lavoratrice stimata a Giffoni Valle Piana, è morta dopo un'odissea durata 48 ore all'interno del Pronto Soccorso dell’ospedale "Ruggi d’Aragona" di Salerno. Un calvario che, secondo le prime analisi del medico legale, poteva essere evitato con un intervento tempestivo. La vicenda è stata portata alla luce dal programma di Rete 4 Fuori dal Coro, condotto dal giornalista Mario Giordano, che ha mostrato documenti e testimonianze sul drammatico epilogo della donna. Un racconto che evidenzia una sanità in crisi, tra carenze di personale, inefficienze organizzative e decisioni cliniche discutibili.

Il calvario di Cristina: dolore, attese e un intervento tardivo

Cristina si era recata al Ruggi il 3 marzo, intorno alle 3.05 del mattino, accusando dolori addominali lancinanti. Dopo una rapida visita e la somministrazione di antidolorifici, viene dimessa nel giro di tre ore. Ma il dolore non accenna a diminuire, anzi, peggiora drasticamente. A quel punto, la donna torna nuovamente in ospedale, in cerca di un aiuto concreto. Le viene finalmente eseguita una Tac addominale, che rivela un quadro clinico grave: ischemia intestinale e un esteso addensamento del tessuto mesenteriale. Due condizioni che avrebbero dovuto imporre un intervento chirurgico immediato. Ma invece di essere operata d’urgenza, Cristina resta per ore su una barella, senza ricevere le cure necessarie. Solo dopo due giorni di attesa, ormai in condizioni critiche, viene trasferita in sala operatoria. Troppo tardi. Il suo cuore si ferma prima che i medici possano salvarla.

Le accuse del medico legale: "Condannata a morte da errori e ritardi"

Sulla vicenda è intervenuto Pasquale Bacco, il medico legale che ha eseguito l’autopsia sul corpo della donna. Le sue parole sono un atto d’accusa durissimo: "La donna è stata condannata a morte. Aveva un'ischemia e un'emorragia intestinale, condizioni che richiedevano un intervento immediato. Non l'hanno operata, l’hanno lasciata su una barella per ore. Poteva essere salvata". Una denuncia forte, che apre scenari inquietanti sulle responsabilità dell’ospedale. Chi ha deciso di declassare il codice d’emergenza da rosso ad arancione? Chi ha stabilito che Cristina soffrisse solo di calcoli e non di un problema ben più grave? Domande che attendono risposte, mentre il dolore della famiglia si unisce all’indignazione della comunità.

Un caso che scuote la politica: "Vergogna inaccettabile, ora qualcuno deve pagare"

L’eco della tragedia è arrivata fino ai vertici della politica. Mario Polichetti, responsabile del dipartimento Sanità dell’Udc, ha dichiarato senza mezzi termini: "Questa non è sanità, è barbarie. È inaccettabile che una donna venga lasciata morire tra sofferenze indicibili a causa di superficialità e negligenza. Presenteremo un’interrogazione parlamentare per accertare le responsabilità e fare luce su cosa accade realmente al Pronto Soccorso del 'Ruggi'". Non risparmia critiche nemmeno nei confronti della gestione ospedaliera: "Da mesi il manager Vincenzo D’Amato è chiuso nella sua torre d’avorio, senza che nessuno intervenga. È ora che qualcuno paghi per questa vergogna. Non possiamo più permettere che simili episodi accadano".

Sanità al collasso: serve una rivoluzione nel sistema di emergenza

Questa ennesima tragedia riporta al centro il problema di un sistema sanitario sempre più in difficoltà. Troppe volte le decisioni vengono prese con leggerezza, troppi medici giovani, alle prime armi, vengono mandati subito nei reparti d’emergenza, senza avere l’esperienza necessaria per affrontare casi complessi. Indossare un camice bianco non deve significare sentirsi superiori ai pazienti, ignorando il dolore e trattando le persone come numeri. La medicina è una vocazione, e chi non ha il cuore per farla con umanità e competenza non dovrebbe stare in un pronto soccorso. Cristina Pagliarulo non è morta solo per una malattia. È morta per una sanità che ha smesso di ascoltare, per un sistema che non ha saputo rispondere in tempo. Adesso serve giustizia, affinché la sua storia non si ripeta mai più.

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