È ormai passato qualche giorno dall’approvazione del DDL sicurezza alla Camera dei deputati. Sono stati registrati 162 voti favorevoli, 91 contrari e tre astenuti, accompagnati da un’infinità di polemiche. La realtà è che tale emendamento non è che la naturale messa in pratica di una concezione di Stato muscolare, repressivo e punitivo professata dalla maggioranza attualmente al Governo.
Il DDL sicurezza viene presentato o come salvezza degli italiani o come attacco alla democrazia. In concreto questo prevede principalmente:
· Un inasprimento delle pene per i colpevoli di protesta in carcere (o in cpr), sia essa attraverso atti di rivolta violenta o di resistenza passiva;
· Una norma anti-occupazione (battezzata anti-salis) che introduce dai due ai sette anni per chiunque occupi un immobile;
· Una norma rinominata “anti-ghandi” che introduce pene per i partecipanti a manifestazioni che occupano strade o ferrovie e per i partecipanti a manifestazioni “contro le grandi opere di interesse pubblico”;
· La messa al bando della Cannabis Light e l’introduzione di una pena dagli 8 ai 20 anni di carcere per chi coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina o vende sostanze stupefacenti o psicotrope;
· Il divieto di vendita di schede SIM a chi non ha un permesso di soggiorno;
· L’autorizzazione per gli agenti delle forze dell’ordine a portare con sé alcune tipologie di armi, anche fuori servizio, e l’introduzione delle bodycam per gli agenti in servizio.
Come consuetamente accade, la destra si dimostra ammiratrice delle pene dure, in opposizione al principio di rieducazione. In una nazione come la nostra, che ha problemi a gestire il numero di detenuti per problemi legati all’edilizia carceraria e per l’assenza di pene di stampo civile, i quali sono invece presenti nei paesi più sviluppati d’Europa, introdurre una stretta così dura e punitiva non può che essere una scelta influenzata dall’opportunismo politico. È a dir poco disturbante anche il rapporto che questo decreto tesse con i migranti (nominati in tale testo “clandestini”), i quali, reputati dalla coalizione di governo come un danno potenziale all’integrità della nostra società, vengono ancor più emarginati tramite l’impossibilità di accedere ai servizi telematici di base. L’impossibilità di avere un numero di telefono rende infatti impossibile anche iscriversi a qualunque servizio online, oltre che rendere più difficile trovare lavoro ed usufruire dei servizi base del welfare, rendendo, di conseguenza, la loro introduzione nella società più difficile. Anche la norma contro la cannabis light (che ricordiamo essere ben diversa dalla cannabis propriamente detta) è volta a dare lustro alla figura del governo come “lottatore contro le droghe”, eliminando le sostanze legali ma di mercato più basso e che riconducono, ideologicamente, all’immaginario collettivo di droga.
La cosa peggiore del decreto è senza dubbio la stretta sulle libertà democratiche dei singoli individui, siano essi cittadini regolari, extracomunitari o detenuti. Il decreto anti-ghandi (insieme al più discutibile decreto anti-salis) mettono un freno repressivo alle facoltà democratiche che ci sono riconosciute in quanto cittadini. Il rischio di arresti durante le manifestazioni si unisce alla condotta già repressiva del governo per creare un’immagine fortemente autoritaria e liberticida, in linea con le ideologie da cui la nostra maggioranza non decide di allontanarsi. Tanto è grave la stretta alle libertà di sciopero che parte della rappresentanza europea del centro-sinistra sta avviando un’interrogazione parlamentare per verificare se tale manovra non violi non solo i principi minimi italiani (fiore all’occhiello del continente) ma persino quelli europei.
La via che l’attuale coalizione di governo ha intrapreso è più che chiara da tempo e non fa che radicarsi in tale direzione. Forse è giunto il momento, davanti ai numerosi provvedimenti che hanno l’effetto di far retrocedere l’Italia civilmente ed economicamente, di chiederci perché la coalizione attualmente al governo abbia deciso di rinunciare al vecchio nome di "Popolo delle Libertà"; la risposta che probabilmente cerchiamo è che a loro, come ad ogni altra coalizione autoritaria, la libertà fa tanta, ma tanta, paura.
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