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Tonnellate di droga al porto di Salerno, caccia al siriano

19/02/2023

Taher Al Kayali, 63 anni, è l’uomo che i finanzieri del tenente colonnello Claudio Molinari cercano su ordine del gip del tribunale di Salerno nell’ambito dell’inchiesta iniziata nel giugno del 2020 quando furono trovate 14 tonnellate di pasticche “Captagon” sulle banchine del porto di via Ligea. Un carico che col sistema del tramacco, lo spedizioniere italosvizzero (è originario di Catania) Alberto Eros Amato con la complicità, secondo i pm, dello spedizioniere doganale salernitano, il 5enne Giuliantonio Apicella, avrebbe cercato di far arrivare in Libia. Grazie al cambio di container (in gergo tramacco), la merce sarebbe risultata di proprietà della società Svizzera di Amato, ma spedita in un porto libico dall’Italia, evitando così di finire nella blacklist applicata ai container provenienti dalla Siria. Una scoperta che ha proiettato i pm di Salerno e il procuratore capo Giuseppe Borrelli in un giallo internazionale che riguarda più Stati del Mediterraneo, la Svizzera e la Germania, la Penisola arabica. Quei due container erano la prova di un traffico di droga che, partito da Lattakia, in Siria, attraverso Salerno (porto scelto perché privo di rilevatori scanner) cercava di arrivare in Libia e inondare di Captagon, la droga del combattente, l’Arabia Saudita e altri paesi della penisola.

Sarà Amato (condannato anche in appello a 10 anni di reclusione) a parlare per primo di una richiesta del porto di Salerno per effettuare l’operazione arrivata direttamente dalla Siria già in un interrogatorio del 2021. A chiederglielo sarebbe stato Al Kayali. Con Apicella (il processo a suo carico è ancora in corso, dopo l’arresto del 2021 assieme ad Amato) sembra che non ci fossero rapporti. In più, colpì che Al Kayali parlasse in italiano corretto. Ma il 63enne siriano l’Italia la conosce bene: è vissuto nel Belpaese, qui ha ancora i familiari, e non è nemmeno sconosciuto alle cronache, visto che ha avuto guai giudiziari con un traffico di auto di lusso e yacht. “Abukarim”, come viene soprannominato, è, inoltre, noto all’estero: in Grecia e in Arabia Saudita sarebbe stato coinvolto in indagini analoghe a quella salernitana. Amato, che poi sarà coinvolto in un’altra maxi inchiesta sulla droga da parte del nucleo di Polizia Economica Tributaria di Napoli e che vedeva indagato un altro salernitano, ha sempre detto di non sapere nulla del contenuto di quei container.

Un aiuto alle autorità italiane è arrivato in un primo momento dalla squadra comune italosvizzera di investigatori che ha portato all’arresto dell’agosto del 2021 di Amato, ma anche dalla magistratura tedesca. Alla procura di Essen nel distretto di Düsseldorf, nella Renania Settentrionale- Vestfalia, è in corso un procedimento giudiziario su altri traffici internazionali di stupefacenti verso la Germania e i magistrati tedeschi hanno avvisato i colleghi italiani che chi stava riferendo di quei fatti aveva parlato anche della spedizione di Salerno. Da qui, l’invio di pm salernitani, nell’aprile del 2022, per acquisire importanti dichiarazioni. È stata così svelata «una rete criminale ben consolidata dedita al traffico internazionale di Captagon vicina alle autorità siriane, con agganci strategici all’interno del porto di Latakia, dove insisterebbe una potente cellula delinquenziale coordinata da una serie di soggetti (operatori doganali, spedizionieri doganali, organi di controllo etc.) che, a vario titolo, presterebbero la loro opera per curare sistematicamente l'invio di ingentissime partite di stupefacente – cita la procura - … (con un) vertiginoso business messo in piedi dalle organizzazioni criminali filosiriane, sulla complicità di soggetti addetti ai controlli doganali e sulla riconducibilità ad ambienti siriani di alcuni esponenti di spicco che gestiscono a Latakia tali affari illeciti». Il porto siriano sarebbe controllato dalla Quarta divisione dell’esercito, un’unità speciale guidata da Maher al Assad, fratello del presidente Bashar al Assad della Siria, ricordano alcuni rapporti internazionali e il traffico di Captagon sarebbe indispensabile a una rete mafiosa che ha interesse che il presidente siriano continui ad essere tale, nonostante la guerra civile imperversi da anni. Da un’indagine della magistratura tedesca, riportata dalla rivista Der Spiegel, la Quarta Divisione prenderebbe una “mazzetta” di 300mila dollari per ogni container di captagon spedito dal porto di Latakia.

FONTE: La Città

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