"Il professore ha preso lo zaino di mio figlio e l’ha sbattuto in terra, provocando la rottura della fiala di Buccolam all’interno". Estratto di un’email che una madre battipagliese ha inviato alla preside d’un liceo ebolitano. Francesco (nome di fantasia), suo figlio 17enne, va a scuola lì: è al quarto anno. Un «guerriero», così si fa chiamare. A riascoltare quella parola, un nodo stringe la gola di mamma e papà. Ripensano alle mille peripezie affrontate dal loro ragazzo: dal granuloma alla teca cranica – sette mesi appena – ai continui accessi (più di 200) ai reparti di pronto soccorso di tutt’Italia, mossi dall’anelito d’un genitore che vuole solo il bene d’un figlio. Fino alla diagnosi, sindrome di Dravet, e al percorso intrapreso per metterla all’angolo. Per domarla e conviverci. «Mi spoglio e mi tolgo via di dosso i ricordi che non voglio per vivere un sogno, dove volare è cantare la vita senza paura»: lo dice Francesco al principio d’un cortometraggio che racconta la sua storia. Parole, immagini e musica: le sue amate sette note, quel pianoforte che lo aiuta a parlare al mondo intero. Lo ha portato in ogni parte d’Italia. Di concerto in concerto. Francesco sta vincendo, ma ha bisogno d’essere aiutato ogni giorno. Tant’è che a scuola, al suo fianco, c’è un insegnante di sostegno. Lo aiuta a convivere con la rivale di sempre. E a recuperare il tempo passato d’ospedale in ospedale. E una settimana fa, martedì 7 febbraio, Francesco è stato protagonista d’un mesto episodio. È per questo che sua madre ha scritto alla preside. Non ha sporto alcuna querela, non ha contattato l’autorità giudiziaria. L’unica richiesta alla dirigente è «un incontro per poterle spiegare completamente l’accaduto. Credo che ci siano provvedimenti da prendere e anche abbastanza rapidamente». L’accaduto lo racconta il papà: «Alla prima ora è entrata la professoressa d’inglese. Mio figlio aveva lo zaino sul banco. La docente gli ha chiesto di toglierlo, di fare spazio. E lui non lo ha rimosso subito». Forse lo avrebbe fatto di lì a poco. Non ha avuto il tempo. «Un altro insegnante di sostegno, non il suo ma quello d’una compagna di classe, che però ha seguito mio figlio al primo anno, ha urlato “Ho capito, me la vedo io”. Ed ha violentemente scaraventato lo zaino, urlandogli di stare zitto, di finirla, di stare seduto al proprio posto».
La borsa a terra: «Ha provocato la rottura della fiala di Buccolam all’interno. Quello è un farmaco salvavita (s’inietta nella guancia in caso di crisi, ndr ) per mio figlio, soffre di una patologia per la quale è indispensabile che quella fiala sia sempre a portata di mano». E invece è finita in frantumi. «Alle 10 lui non ce l’ha fatta più: ha telefonato alla madre che è andato a prenderlo in anticipo, intorno a mezzogiorno. Era troppo scosso per restare lì». Una giornata difficile: «Di pomeriggio ha avuto una crisi. Non le aveva da tempo. Ha perso conoscenza. Poi si è ripreso». L’indomani mamma e papà sono andati a scuola: «Abbiamo parlato con la vicepreside e con la responsabile del Dipartimento di sostegno, che convenivano nello stigmatizzare l’accaduto e ci hanno promesso di riparlarne anche con la preside per dei provvedimenti». Nulla di fatto. Sono passate 48 ore: «Venerdì siamo tornati a scuola. Abbiamo trovato un applicato di segreteria, che c’ha suggerito di mandare un’ email». Finora rimasta senza risposta. Nessuna querela: «Non c’interessa. Vogliamo solo che la preside ci chiami. Vogliamo fare chiarezza sull’accaduto, che è gravissimo, perché quello zaino scaraventato a terra è come un calcio tirato contro nostro figlio. Un insegnante che dovrebbe essere un aiuto per gli studenti lo ha aggredito. Lo ha maltrattato. E solo noi sappiamo quanto male faccia».
FONTE: La Città
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