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Giffoni Film Festival, le dichiarazioni di Giorgio Gori, Gino Strada e Andrea Giuliacci

24/07/2021

Il rispetto per la natura. L'importanza dell'ecologia. I pericoli del cambiamento climatico. È lungo questi tre sentieri, da vivere davanti a propri occhi e da sentire dentro di sé, che i protagonisti di MeteoHeroes daranno vita a fantastiche e indimenticabili avventure nel segno di un divertimento consapevole. E di una saga che punta a formare le coscienze e non solo a regalare sorrisi luminosi. "È un progetto importante che ha un obiettivo importante" spiega Andrea Giuliacci, meteorologo di fama internazionale presente nella Cittadella del Cinema di Giffoni per l'anteprima mondiale del minimovie "MeteoHeroes-Inizia l'avventura" davanti a una platea di bambini dai sei ai nove anni. Della produzione Giuliacci è testimonial d'eccezione e protagonista animato. "Abitiamo un mondo che soffre per colpa nostra. La sostenibilità ambientale -chiarisce subito- è la parola d'ordine del nostro tempo, un dovere improrogabile. Dobbiamo fare, tutti, la nostra parte". "Da questo punto di vista -prosegue Giuliacci- è necessario educare i più piccoli ad amare e rispettare l'ambiente che li circonda. Questa produzione, attraverso il linguaggio dei cartoni animati, vuole esattamente aprire un percorso di questo tipo. Affrontare il problema in maniera semplice e spiegare come risolverlo". Il minimovie, della durata di ventisei minuti, inizia con un misterioso minerale che dallo spazio raggiunge la Terra e si scompone in frammenti di vari colori. Da qui l'atterraggio in luoghi diversi del pianeta e il loro ritrovamento da parte di sei bambini nel giorno del loro decimo compleanno. Una storia avvincente e tutta da scoprire. La produzione, inoltre, ha già messo in agenda anche le cosiddette 'Pillole di MeteoHeroes'. Trentacinque minirubriche, della durata di 90 secondi ciascuna, in onda da settembre su Cartoonito e sul canale ufficiale YouTube della saga. L'obiettivo è spiegare ai bambini e ai loro genitori, in maniera divertente ma scientificamente corretta, i segreti dei principali fenomeni meteorologici e tante curiosità sul clima. "Su questi argomenti è necessario un efficace cambio di passo culturale -sottolinea Giuliacci-. Il progetto MeteoHeroes attinge alla straordinaria capacità comunicativa delle opere di animazione per trasferire contenuti preziosi alle giovanissime generazioni affinché possano tradursi in corrette pratiche di comportamento. È un approccio che può davvero risultare decisivo per il futuro". La proiezione del film è stata ospitata all'interno di un grande evento musicale e formativo che ha visto la partecipazione, a #Giffoni50Plus, del corpo di ballo 'Spazio Danza Giffoni' e in particolare della mascotte Fulmen, il supereroe della serie che ha il potere di far cadere fulmini da cielo. Un'atmosfera magica e coinvolgente per il primo capitolo di una storia di animazione destinata a cambiare le sorti del pianeta. Sul piano autoriale. E forse non solo.

IL SINDACO

Il ruolo di un sindaco, l’aspetto umano di una funzione pubblica, l’odioso concetto di privilegio quando è collegato ad una mansione istituzionale, l’emergenza Covid in una delle realtà territoriali più colpite come è stata Bergamo. Sono stati questi i temi maggiormente affrontati nel corso dell’incontro dei ragazzi della IMPACT! con il sindaco Giorgio Gori. La scelta di fare il sindaco e di lasciare una carriera professionale di grande soddisfazione, parte da qui Gori su sollecitazione dei ragazzi: “C’è questo collegamento - dice – tra l’incarico pubblico ed il concetto di privilegio. Tutto questo porta i cittadini a diffidare della politica. Sicuramente in questo c’è una responsabilità della politica che ha dato un’idea di sé come di mera occupazione del potere. Ma devo dire che rappresenta una parte marginale. In questa mia esperienza ho conosciuto tantissimi sindaci e tanti rappresentanti istituzionali. E tutti svolgono il ruolo con spirito di servizio, dando molto di più di quanto si riceva. Io stesso ho deciso di fare il sindaco abbandonando il mio lavoro ed una condizione economica di sicuro migliore. L’ho fatto perché ho molto amore per la mia comunità e perché sono convinto del fatto che bisogna restituire ciò che il luogo in cui sei cresciuto. Credo che valga sempre la pena riconoscere l’impegno delle persone”. Il fenomeno che si registra è di una disaffezione verso la politica tanto che diventa sempre più difficile trovare persone che vogliano impegnarsi: “Oggi fare il sindaco - ha detto ancora Gori – comporta dei rischi, c’è il sacrificio della propria vita personale ed inoltre la cornice normativa prevede che il sindaco sia responsabile praticamente di tutto. A queste condizioni è abbastanza comprensibile che ci siano poche persone che vogliano impegnarsi. Devo però dire che per 27 anni ho lavorato in tv e ho avuto grandi soddisfazioni, ma quelle che ho avuto da sette anni a questa parte valgono sicuramente di più. Fare il sindaco ti fa sentire utile perché ha una dimensione concreta, perché la tua azione incide sulla realtà e sulla comunità. Tutto questo è molto gratificante”. Poi c’è la vicenda Covid che per il sindaco di una città colpita come è stata Bergamo ha avuto senza dubbio un effetto condizionante, ma la pandemia ha condizionato un po’ la vita di tutti: “Fino all’emergenza – ha spiegato Gori -  si è creduto che lo sviluppo passasse esclusivamente per le grandi città. E questo processo sembrava inarrestabile. Il Covid è un punto di frattura perché ci ha fatto capire, ad esempio, che tanti viaggi da pendolare possono essere forse evitati ed in alcuni giorni della settimana si può stare a casa senza intasare le città. E abbiamo scoperto che stare all’aria aperta è più sicuro e così la dimensione dei borghi è diventata più interessante, certo sono necessarie delle condizioni perché si scelga di vivere in un borgo. Una buona connessione è una di queste. Non credo ci sarà un cambiamento epocale, ma c’è oggi la possibilità di costruire un nuovo equilibrio tra aree metropolitane e periferie. Tutto dipende da come noi sappiamo dare strumenti a questi luoghi per essere competitivi”. Un motto che Gori tiene sempre bene in mente e che segue nella sua attività quotidiana? “Sì – ha detto il primo cittadino di Bergamo – ce l’ho ed è un motto latino: ex malo bonum. Dalle situazioni negative è possibile sempre trarre qualcosa di buono. Nella mia vita non tutto, come ovvio, mi è andato sempre bene ma devo dire che le occasioni in cui ho perso sono state quelle da cui sono scaturite possibilità importanti. Prima di decidere di fare il sindaco, nel 2012 partecipato alle parlamentarie del Pd. Volevo fare il deputato. Persi in quell’occasione e da lì mi è venuta l’idea di candidarmi a sindaco. Se avessi vinto, credo che non avrei mai fatto il primo cittadino. E’ la conferma che dalle sconfitte spesso nascono opportunità”. Poi c’è il risvolto umano dell’emergenza sanitaria: “Nelle settimane della prima fase di emergenza – ha spiegato Gori – ho avuto un rapporto con la morte legato alle tante vittime che ci sono state. Tutto questo mi toccava moltissimo. Mi sono sentito impotente. Questo è un segno che porto inciso nel cuore. Però l’emergenza mi ha fatto capire che fare il sindaco ha molto a che fare con le emozioni, con la dimensione emotiva di cui i miei cittadini avevano bisogno più di ogni altra cosa. In qualche modo mi sono scongelato”. Errori commessi in una fase così delicata? Gori ne cita uno in particolare: “Certo – dice – ho fatto degli errori. Nei primi giorni della pandemia, dal 23 febbraio, quando è stato diagnosticato il primo caso a Bergamo, ai primi giorni di marzo ho coltivato l’idea che fosse possibile tenere insieme la prudenza con una dimensione di incoraggiamento a non farsi prendere dalla paura. Questo ha portato a dare messaggi sbagliati. C’ho messo un po’ a capirlo e questo mi è stato rinfacciato tante volte. Certo, con il senno di poi è tutto diverso. Ho capito da allora che è meglio dire una parola di meno per evitare questo tipo di incidenti”.

MISTER EMERGENCY

“Facendo il chirurgo sono arrivato alla conclusione che il mio nemico è la guerra”. Gino Strada, fondatore e anima di Emergency, è stato il protagonista di uno degli incontri più partecipati di IMPACT!, dialogando con i giffoner di diritti umani, utopie da realizzare, emergenze legate all'attualità. “Reputo impensabile un futuro che compendi i conflitti bellici – ha detto – Fino alla seconda guerra mondiale, tutte quelle che l'hanno preceduta non ci ponevano di fronte all'idea di futuro, indipendentemente da chi vincesse o perdesse. Con l'avvento della bomba atomica le cose sono cambiate. E oggi Hiroshima è poco più di un petardo rispetto a quello che l'uomo è riuscito a creare. L'ipotesi di un conflitto termonucleare significherebbe radere al suolo l'umanità, così come siamo abituati a concepirla. Per questo non abbiamo scelta: bisogna vivere senza guerre. Purtroppo i nostri politici non ne hanno cognizione. Ed è una questione di coscienza, non di trattati. Per questo dico a voi giovani di farvi portavoce di questo importante messaggio. I più anziani non lo capiscono. Non comprendono che distruggere l'altro equivale a demolire se stessi al di là dello specchio”. Tantissime le domande dei ragazzi, che hanno chiesto a Strada anche una sua opinione in merito all'emergenza sanitaria. “Noi di Emergency abbiamo fatto tesoro del lavoro sul campo con Ebola, nel 2005. Quando ci siamo trovati per la prima volta di fronte a questi ammalati, il diktat che avevamo ricevuto era dont' touch, non toccateli. Praticamente venivano lasciati morire, confinati. La nostra risposta è stata: noi le persone le curiamo. Ecco perché quando ci hanno chiesto una consulenza per la gestione del Covid, non abbiamo avuto esitazioni, sapevamo già quello che andava fatto”. La riflessione di Strada, come sempre, è lucidissima: “Il Covid è stata un'opportunità di cambiamento. Ma mi sembra che già non se ne parli più. Ora si pensa solo alla gestione degli affari correnti”. Incalzato dai giffoner, il fondatore di Emergency ha poi sferrato un duro attacco alle politiche che tendono a criminalizzare le Ong: “Non è solo retorica. E' una pratica quotidiana che in Italia è iniziata qualche anno fa con la pretesa di far firmare accordi sui salvataggi in mare e poi si è esteso a tutti gli interventi umanitari finiti sotto accusa. Come contrastare questo meccanismo? Continuando ad aiutare, non vedo altra soluzione. E' un atto dovuto. Fin quando non ci rendiamo conto che il barcone che affonda in mare non è la normalità, non cambierà nulla. E' un crimine a tutti gli effetti, che segna un confine tra l'essere umano e l'essere che umano non è. Sono fermamente convinto del fatto che occorra fare pressing sul Governo per rivedere le politiche di accoglienza dei migranti”. E il futuro? “Ancora oggi sono convinto che il comunismo sia una assoluta necessità. O condividiamo quello che abbiamo oppure qualcuno sarà costretto a usare violenza. E io di questa violenza ho paura”.

 
 
 

 

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