In un presente fatto di post, stories e tik tok, l’arte non va accantonata. I Social, d’altronde, rappresentano uno spazio di condivisione e in essi può, anzi, dovrebbe entrare anche più cultura. Questo è il pensiero di Christian Olcese, giovane cantastorie, sceneggiatore e scrittore genovese che ha voluto raccontarsi ai microfoni di Salernoinweb.
Christian come nasce la tua passione per la scrittura e per l’arte/spettacolo?
Tutto è nato nel 2019, dopo essere entrato in contatto con la poetessa Sara Ciampi (candidata al Nobel per la Letteratura). Lei considerava la mia scrittura singolare e ricercata e per questo mi spinse a scrivere il mio primo libro “Venticinque”: si tratta di venticinque racconti di vita e Sara mi ha scritto la bellissima prefazione. Si tratta di racconti che raccolgono tutti i vari sentimenti: dentro troviamo l’amore, l’ansia, la sofferenza… Si tratta di un libro “molto mio” ma che ho notato piace tanto al pubblico. Ho vinto, ultimamente, un concorso poetico e, a breve, sarò dentro una collana poetica “Isole” (della casa editrice Dantebus). Oltre questi faccio anche racconti e videoracconti. Il mio ultimo è “Lettera a Faber”: un cortometraggio per rendere omaggio a Fabrizio De André, svolto assieme all’attore e comico Maurizio Lastrico e all’attore Francesco Patanè (a breve impegnato in un film con Sergio Castellitto).
Cos’è per te la poesia e cosa rappresenta?
La poesia è l’arte più nobile del mondo. Nel 2021, forse, è più difficile farla venire fuori perché c’è una sovrastima di ciò che è scrittura e arte in generale. Scrivere poesie e farlo bene è un qualcosa di nobile. Ho scritto 12 poesie cercando dei termini più ricercati e meno basici. La bellezza della poesia è condensare in pochi versi ciò che pensi e provi. Attualmente un po' messa da parte, visto il proliferare di tante forme d’arte ma la poesia non è un qualcosa di vecchio, anzi. Chi fa propria l’arte poetica ha una marcia in più. Una frase che mi sento dire spesso è che i miei racconti potrebbero andar bene dai 6 ai 100 anni.
Testi o video: quale forma d’espressione ti “soddisfa” maggiormente? Sono due modalità di racconto che presentano differenze?
Il racconto ho sempre cercato di scrivere con un linguaggio mio “più ricercato”. Il cortometraggio, invece, comunque deve tentare di intercettare i gusti un po’ di tutti. La forma del cortometraggio e anche della sceneggiatura, perciò, deve incontrare i gusti di tutti. Con un video si riesce a trasmettere un qualcosa di personale, quindi, non solo attraverso le parole ma anche le immagini e i suoni. Possono essere maggiormente d’impatto. Per questo dico che se i social fossero utilizzati di più per fare cultura sarebbe un qualcosa di importante. Fare dei video, nel mare magnum dei SN, che rappresentano espressione di cultura per me rappresenta un concetto bellissimo.
Tra i prossimi progetti c’è l’intenzione di scrivere un altro libro? E c’è un qualcuno a cui ti ispiri, oltre al mito per ogni genovese come Fabrizio De André?
Ora sto scrivendo un romanzo, bello e molto lungo (sorride, ndr). Anche in questo caso c’è una ricerca della parola: essa è proprio uno dei grandi insegnamenti che il grande Faber ci ha dato. Ci sono due altri grossi progetti in cantiere che non voglio già svelare (per scaramanzia). Uno di questi è per il sociale e l’altro è indirizzato ai lavoratori dello spettacolo fermi da un po’. Mi piace leggere i grandi classici perché in essi c’è scritto tutto quello che oggi viviamo. Bello è scoprire che in romanzi scritti due secoli c’è un qualcosa di clamorosamente attuale. La ricerca nel “vecchio” è molto giovanile: serve questa rinascita in un mondo un po’ troppo semplicistico.
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