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“Nero chiaro, quasi bianco”. I colori del cinico ma imperdibile romanzo di Pippo Zarrella.

14/05/2021

Prendete un giovane e distinto avvocato giuslavorista cavese ed immaginatelo nel raccontarci di uno spietato avvocato napoletano con la passione per gli insetti, per le menzogne e per le truffe. Il risultato sarà davanti ai vostri occhi nella persona del cinico Avv. Oreste Ferrajoli, ma in tinte indefinite, come le bugie su cui si poggia la sua esistenza.

“Nero chiaro, quasi bianco”, Neo Edizioni è, infatti il titolo del terzo romanzo dello scrittore trentacinquenne Pippo Zarrella, di cui, come dice Maurizio De Giovanni nella quarta di copertina, sentiremo ancora parlare. Eccome se ne sentiremo, per cui segniamoci il suo nome! E segniamoci il nome di Oreste, il protagonista del romanzo, un avido truffatore, che si spinge fin oltre l’immaginabile facendo soccombere la Dea Coscienza al cospetto di un unico Dio. Il Dio Denaro! E per farlo si circonda di persone ugualmente senza scrupoli e senza nulla da perdere, se non il desiderio di perdere un piccolo briciolo di disperazione.

Pippo ci ritrae anche un quadro familiare abbastanza comune nella nostra società: una moglie quasi sempre presa dai filler e dal pilates, poco attenta al marito e alle sue serate clandestine insieme all’amico fidato Gennaro, braccio destro, soprattutto nei misfatti lavorativi. In sottofondo la vita della città di Napoli, coi suoi ritmi, che passano dal tragico al comico, con l’arguta direzione d’orchestra di un giovane scrittore. Quest’ultimo, oltre all’indiscussa bravura, alla sua scrittura agile, snella e tremendamente accattivante, ha il pregio di far innamorare il lettore di un personaggio lurido come una mosca sulle feci, quale Oreste Ferrajoli. Ha il pregio di aver scritto un qualcosa che lascia, sul finale, il lettore a bocca aperta, quasi per accogliere qualche insetto, come per far entrare nel corpo, oltre che nella mente, un qualcosa di caro ad Oreste. Perché caro, ormai, è diventato lui, questo spietato protagonista, nonostante tutto.

Da dove nasce l'idea di questo romanzo?

Il personaggio è nato un po’ per caso, volevo creare un bugiardo seriale ed è venuta fuori la figura di Oreste Ferrajoli. Oreste è la caricatura dei nostri giorni, un portare all’estremo quello che potremmo essere tutti. Mentre sviluppavo l’animo del protagonista è venuto fuori il titolo “Nero chiaro quasi bianco”. Ho ragionato sul fatto che le bugie hanno le sfumature, hanno delle tonalità cromatiche. Se esistono le bugie bianche - quelle che a nostro dire sono dette “a fin di bene” - esisteranno anche quelle “nere” a “dette fin di male”. Dal momento che come ogni cosa nella vita, la verità è nel mezzo, ho intuito che le bugie non possono essere che nere chiare quasi bianche. Un colore che non esiste, come i fatti oggetto delle bugie calate nella vita reale.

Scrivi da diversi anni. Cosa significa per te esprimerti attraverso questa forma d’arte?

Scrivere è un po’ resistere. Spesso fin dagli esordi nel 2013 con “Avanzi: storie straordinarie di ordinario disagio” ho provato a porre l'attenzione sugli ultimi, a scrivere delle zone grigie della nostra vita, quelle zone incolte sulle quali potrebbe attecchire qualsiasi malapianta. Raccontare storie è un modo per conferire dignità ad alcune situazioni, ad alcune persone, che per un motivo o per l'altro questa dignità l'hanno smarrita o gli è stata sottratta. A volte mi riesce in quest’operazione, altre volte un po’ meno. L'importante è usare la penna per qualcosa di buono. È talmente importante quest’arte per me che ho un tatuaggio che raffigura l’arco di Robin Hood pronta a scoccare una penna Bic.

Progetti futuri?

Quando i lettori terminano la lettura di “Nero chiaro quasi bianco” chiedono se ci sarà un seguito dell’avvocato Ferrajoli. Al momento non saprei. Potrebbe essere. Per il resto, ci sono altre idee che bollono in pentola, personaggi e storie che si azzuffano nella mente come nel gioco della sedia che facevamo da bambini. Quando la musica sarà stoppata – quando comincerò a scrivere- chi riuscirà a sedersi farà parte della prossima storia, gli altri, coloro che sono rimasti in piedi, troveranno spazio sicuramente in altri momenti.

Noi ci auguriamo di sederci di nuovo comodi con tra le mani un’altra sorprendente opera di questo scrittore, al quale è d’obbligo augurare di avere sempre la protezione della Dea bendata della Fortuna e del Dio Talento, che in realtà è già insito in lui!

Elvira Venosi - Extratime - - Vai alla Home

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