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Inchiesta "Faust", così la ’ndrangheta intavolava traffici illegali nella Piana del Sele

20/01/2021

Una mega piantagione di marjuana da realizzare nella Piana del Sele, ma il progetto imprenditoriale- criminale svanì con l’arresto del latitante Domenico Pepè. È quanto emerge dall’inchiesta “Faust” dei carabinieri e della procura di Reggio Calabria sui traffici di sostanza stupefacenti che la cosca dei Pisano di Rosarno, legata alla ‘ndrangheta, aveva esteso fino alla Piana. Una piantagione in grande stile, come i “diavoli” erano abituati a mettere in campo non solo in Calabria ma anche in Basilicata. Terre molto buone per l’agricoltura, quelle materane o calabresi, ma c’erano stati dissapori tra i Metapontini e la cosca dei Rosarnesi. Quelle piantagioni non bastavano più e all’ora, l’uomo di fiducia dei Pisano, sia in Basilicata sia nella Piana del Sele, il 52enne Giuseppe Pace di Rosarno, ne stava organizzando altre.

Pace ormai soggiornava spesso a Battipaglia, al “Palazzo De Feo”, a casa di Rosa Sica, vedova di Albino Landi, ex cutoliano, ucciso nel 1989 in un agguato camorristico. Nello stesso fabbricato risiedono anche il 58enne Angelo Iorio e la 44enne compagna Antonella Caponigro di Battipaglia, che, come Pace, sono finiti in carcere ieri, mentre Sica è andata ai domiciliari, nell’ambito del ramo salernitano dell’inchiesta “Faust”. Nella Piana del Sele i terreni sono profondi, ricchi di acqua, fertili simili a quelli zona di Lametia terme e Rosarno in Calabria o di Metaponto, Montalbano Jonico, Policoro e Bernalda in provincia di Matera. Ideali, quindi, per coltivare facilmente la cannabis, pianta adatta a terreni acquitrinosi, come quelli paludosi o bonificati, dove garantiscono un’alta resa produttiva.

Nel 2017, sarebbe stato avviato, così, il progetto della gang capeggiata dai Pisano di impiantare nel Salernitano una grossa piantagione di marijuana come avevano fatto in provincia di Matera, nel Lametino e nella pianura di Rosarno. Un grande affare nelle sostanze stupefacenti, al quale sarebbe stata legata la scelta del 66enne Domenico Pepè di Rosarno di trascorrere la sua latitanza nell’area sud della provincia di Salerno. Pepè avrebbe messo a disposizione di Pace i suoi contatti nel campo del traffico di sostanze stupefacenti, per procurare alla gang nuovi canali di approvvigionamento e nuove piazze di spaccio, e sarebbe andato anche a Battipaglia per consegnare al suo concittadino della droga. Un rapporto particolare tra Pace, Iorio, Caponigro, Sica e Pepè, tanto da aiutarlo tutti nella latitanza, grazie anche a una carta d’identità falsificata del Comune di Salerno. Tutto, però, finisce con l’arresto in un B& B di Campagna del latitante, il 20 dicembre 2017.

A poche ore dal fatto, una delle preoccupazioni maggiori per Pace e Iorio, però, sembra fermare tutte le operazioni che hanno in corso. In un’intercettazione dei carabinieri, vengono ascoltati il 52enne calabrese e il venditore ambulante battipagliese: i due convengono che, con l’arresto di Pepé, sarebbe stato più prudente fermare temporaneamente la loro attività sino a quando non si fosse tranquillizzata la situazione. Una di queste attività sarebbe stata proprio l'avvio di una grossa piantagione di marjuana, decidendo di posticipare tutto all'anno nuovo, in modo da far calmare le acque. I due dicono tra loro: “Chi va a rischiare ora?... non sappiamo le cose come sono…” . Nel gennaio del 2018 vengono scoperte dai carabinieri due piantagioni di marijuana a Metaponto e si focalizza l’attenzione degli investigatori sulla provincia di Matera, dove va ad operare Pace. Per la provincia di Salerno, in pochi mesi una seconda pessima notizia. Il capoluogo era stato prescelto come base logistica nella fornitura di cocaina e altri stupefacenti a livello ultraregionale con un’alleanza tra criminali della zona orientale della città e albanesi che risiedono a Montella, in Toscana e con rapporti con l’Olanda oltre che con il loro Paese di origine. La Piana del Sele, invece, scelta come luogo per installare una piantagione di marijuana. Chissà se la fama della provincia di Salerno per la produzione agricola di eccellenza e di alta resa dei suoi terreni, lo spopolamento delle aree interne e l’allontanamento dall’agricoltura non siano stati il substrato che la ‘ndrangheta voleva utilizzare per impiantare, è proprio il caso di dire, le sue attività di coltivazione di stupefacenti.

FONTE: La Città - Salvatore De Napoli

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