Nove anni. Tanto è passato dal giorno del decesso di Samanta Pillot , che esalò l’ultimo respiro al “Ruggi” di Salerno dopo aver dato alla luce il suo quinto figlio alla clinica “Tortorella”. Dalla vita alla morte. Era il 23 gennaio del 2012. E 3.279 giorni dopo, sempre a gennaio, il 14, il giudice della Prima sezione del Tribunale Ordinario di Salerno, Giuseppe Bosone sentenzia: omicidio colposo. E condanna un medico chirurgo della clinica “Tortorella”, Vincenzo Longo , ad un anno e mezzo di reclusione, ed un’ostetrica, Maria Rosaria Sorrentino , a dodici mesi, concedendo ad entrambi la sospensione condizionale della pena. Dovranno farsi carico pure del pagamento delle spese processuali. Il dottor Longo è stato condannato anche a risarcire tutte le parti civili - ed è in sede civile che saranno liquidati i danni - e a sborsare una provvisionale da 120mila euro in favore di Fabio Mirra , marito di Samanta e padre dei suoi cinque figli, ed una da 20mila, a beneficio della madre della giovane deceduta, Gisella Pillot . Le motivazioni saranno rese note nei prossimi tre mesi. «Mi sono commosso. Sono commosso e soddisfatto».
Parola di Mirra, fabbro di 46 anni, che da quel maledetto 23 gennaio è un po’ padre e un po’ madre di quei cinque figli: il primogenito ha 19 anni anni, l’ultimo, domani, festeggerà il suo nono compleanno. «Enzo e Luca sono degli amici, ed hanno fatto un gran lavoro: Davide ha sfidato Golia ed ha vinto. Non credo che qualcun altro ci sarebbe riuscito », soggiunge. Parla di Vincenzo Forte e Luca Lascaleia , i penalisti che l’hanno assistito e che hanno duramente battagliato affinché non intervenisse la prescrizione. «I soldi? Non contano nulla. Da 9 anni la mia è sopravvivenza ». Aveva 35 anni, Fabio. Era il 16 gennaio del 2012: nella clinica “Tortorella” di Salerno, con un cesareo, Samanta, mamma battipagliese, insegnante d’aerobica, 32 anni, partorì il quintogenito. Dopo un po’, prese a perdere sangue, a causa di un’atonia uterina, come quella che l’aveva colpita nel 2001, dopo il parto del primogenito. Pericoloso per una donna che ha già affrontato più gravidanze e ha già avuto altre atonie. E il marito ha sempre denunciato un monitoraggio poco attento. La mamma di Samanta, Gisella, segnalò ai medici vomito, pallore, brividi di freddo e altri sintomi. Nessun intervento.
Un’altra dottoressa vide le lenzuola insanguinate e svegliò il medico di guardia. Alle 21.40 l’anestesia per l’isterectomia, e alle 22.15 una nuova laparotomia. La prognosi non le dava più di 24 ore di vita. All’una di notte, dopo un arresto cardiocircolatorio di 17 minuti, il trasferimento d’urgenza al “Ruggi d’Aragona”. Sette giorni dopo, però, Samanta morì. Fabio e Gisella denunciarono l’intera équipe medica. Nel 2013 i rinvii a giudizio. E di lì la guerra contro la prescrizione. Fino a ieri. Per quel che riguarda l’altro capo d’accusa minore, il falso per alcune attestazioni in cartella clinica, il giudice ha assolto Longo perché il fatto non sussiste. Ed ha assolto i medici Giuseppe Pisaturo e Biagio Criscuolo e l’ostetrica Daniela Assuntore per non aver commesso il fatto.
FONTE: La Città
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