«Il dato di Salerno che fa un balzo importante e arriva in vetta dopo Napoli è un dato allarmante. Soprattutto per quanto riguarda il dato del cemento illegale. La lotta alle ecomafie deve essere una priorità in questa provincia per liberare interi settori». Queste il commento della presidente regionale di Legambiente Campania Mariateresa Imparato sui dati del rapporto “Ecomafie 2020” realizzato dall’associazione ambientalista. Secondo lo studio la Campania è ancora sotto l’attacco, spietato, degli ecocriminali e si conferma la terra dell’ecomafia. Per il 26esimo anno consecutivo è maglia nera nell’illegalità ambientale, nel ciclo dei rifiuti e del cemento. Ma se Napoli si conferma prima provincia d’Italia per numero di reati ambientali (2.207), a destare clamore è il dato su Salerno, che segue il capoluogo di regione e che scala ben sei posizioni rispetto al 2018, con 1.161 reati, più del doppio rispetto al 2018. La Campania si piazza in vetta anche alla poco lusinghiera classifica relativa al ciclo dei rifiuti con 1.930 reati contestati, più del 20% sul totale nazionale. A livello provinciale, la più colpita a livello nazionale è Napoli con 609 infrazioni (+ 34 % rispetto lo scorso anno) 662 persone denunciate e 2 arrestate con 477 sequestri. A livello regionale dopo Napoli troviamo la provincia di Avellino con 275 infrazioni accertate, 211 persone denunciate e 47 sequestri. Terza la provincia di Salerno con 270 infrazioni (incremento record + 96% rispetto scorso anno) con 276 persone denunciate e 10 arrestate con ben 111 sequestri. Chiudono la Provincia di Caserta con 260 infrazioni accertate, 233 persone denunciate e 3 arrestate e la la provincia di Benevento con 56 infrazioni, 50 persone denunciate, 2 arrestate e 36 sequestri. La Campania si conferma capitale del cemento connection con 1645 reati accertati nel 2019 con incremento del 40% rispetto lo scorso anno con 1238 persone denunciate 2 persone arrestate e 332 sequestri effettuati. Salerno guida la classifica provinciale a livello nazionale con 480 infrazioni accertate sul suo territorio con un incremento record di +97% dei reati rispetto lo scorso anno, con 356 persone denunciate e 68 sequestri. «I numeri e le storie raccolte nel rapporto – dichiara Imparato – dimostrano inequivocabilmente come il crimine ambientale sia essenzialmente un crimine d’impresa. Se le mafie continuano a essere una minaccia per l’ambiente e gli ecosistemi, una parte rilevante la giocano, come sempre, imprese, imprenditori e professionisti spregiudicati e senza scrupoli e pubblici dipendenti infedeli avvinti dalla corruzione. Le risorse ambientali sono, per queste ragioni, ad alto rischio di predazione ecocriminale. È urgente affiancare alla risposta giudiziaria, che in questi anni ha portato dei buoni risultati, una risposta politica-istituzionale ancora troppo carente. Siamo ancora in attesa che inizi concretamente con tempi e regole certe la bonifica del territorio, di azioni concrete per la chiusura del ciclo integrato dei rifiuti che fermino quei “tour” che da sempre alimentano le ecomafie. Così come siamo in attesa delle ruspe per abbattere il cemento illegale, una delle ferite aperte della nostra regione alimentata da una classe politica che continua a proporre condoni per meri calcoli elettorali o perché, in molti casi, è direttamente coinvolta in questi fenomeni. La lotta all’ ecomafia deve diventare la vera priorità per la Campania. E’ una sfida che si può vincere solo se il mondo imprenditoriale e sociale virtuoso, la politica e le istituzioni si mettono insieme per fare concretamente e con serietà. Solo così possono dimostrare di avere a cuore il rilancio dell’economia del Mezzogiorno sotto il segno dell’efficienza, dell’innovazione e della sostenibilità. Questi numeri – conclude Imparato – ci restituiscono una regione ancora piegata sotto il peso del cemento illegale, che continua a essere un settore molto rilevante della criminalità ambientale, per il valore economico e per la pervicace diffusione sul territorio. A far ben sperare è l’approvazione di una norma fortemente voluta dalla nostra associazione: il potere sostitutivo affidato ai Prefetti quando i Comuni non provvedono entro sei mesi ad eseguire le ordinanze di demolizione da loro stessi emesse».
FONTE: Marcello D'Ambrosio - L'Ora di Cronache
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