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Raoul Bova a #Giffoni50 con l'anteprima della clip de L'ultima gara

28/08/2020

Presentata in anteprima a #Giffoni50 una clip del film “L'ultima gara”, diretto da Raoul Bova e Marco Renda. L'attore romano, impegnato nelle riprese della nuova fiction di Canale5 “Buongiorno mamma”, non ha potuto essere fisicamente presente nella sala Verde della Multimedia Valley, ma non ha fatto mancare il suo calore e la sua vicinanza ai ragazzi della Masterclass CULT che lo hanno travolto con il loro entusiasmo.

“È un film a cui tengo moltissimo – ha spiegato Bova – perché l'elemento autobiografico è molto forte. La storia è legata ai valori dello sport, che è fatto di impegni, sacrifici e rinunce, che però poi ti possono ricompensare”. Ad introdurre la platea alla storia di bracciate - che ha coinvolto i campioni Emiliano Brembilla, medaglia olimpica ad Atene 2004; Filippo Magnini, bi-iridato e bronzo olimpico; Massimiliano Rosolino, oro a Sidney 2000, e Manuel Bortuzzo, talento del nuoto ferito gravemente - un ulivo secolare, il ricordo di un cronometro scoperto dopo un lutto familiare e la decisione di “tornare sul blocchetto che significa tuffarsi e trovare qualcosa che non c'è più”. In lavorazione da circa un anno, il film “si basa sulla naturalezza, sull'emozione che viene fuori dalla verità. Spesso si scrive un copione che poi si recita. In questo caso – ha sottolineato Bova – abbiamo invece cercato di rubare all'incontro delle nostre vita un qualcosa di diverso, che mettesse in risalto il fatto di essere uniti da un obiettivo, l'ultima gara, appunto, che non è una competizione in quanto competizione, ma il desiderio di ottenere qualcosa che non sei mai riuscito ad avere: superare se stessi, sfidare i propri limiti”. La narrazione scorre con toni quasi documentaristici: “Ci sono intere scene che sono figlie di un confronto quotidiano tra di noi. Quello che emerge è la voglia di rimettersi in gioco per affrontare una nuova sfida. E per i protagonisti, in quanto campioni, non era affatto facile o scontato che accadesse”.

Bova si è poi soffermato sul concetto di campione: “Siamo in una società nella quale tutti vogliono diventare numeri uno. Nel film, invece, si parla dell'importanza del non mollare. Anzi, il campione viene descritto come una persona sola, per far comprendere che il fatto di primeggiare non regala la felicità. Si è veramente felici quando si riesce a raggiungere un equilibrio con se stessi e a superare i propri limiti, in gruppo”. Tra le scene più belle, ha ricordato Bova, ce n'è una che lo vede insieme a Bortuzzo. “Con Manuel ci siamo incontrati nel momento in cui mi ero fratturato una gamba ed avevo perso i miei genitori. Era un momento difficile per entrambi e lui aveva una straordinaria voglia di reagire. Insieme abbiamo guardato verso il passato e verso il futuro. Ad un certo punto la macchina da presa ci inquadra di fronte a una diga. Il mio personaggio è in apprensione, perché non ho mai avuto un buon rapporto con i muri, forse perché non sono riuscito a superarli tutti. Manuel invece mi guarda e mi dice che gli dà un grande senso di libertà. Gli chiedo il perché è mi risponde che da quella diga era possibile spingersi e guardare il mondo capovolto. Ecco, se guardi un muro resterà per sempre un muro, mentre se ti giri e guardi altrove, trovi l'orizzonte. Un insegnamento veramente bellissimo”.

Non è l'unico. Il privilegio di un attore è anche quello di poter “rubare” ai suoi personaggi le risposte mancanti. Alla giovane Giorgia che gli chiede quali personaggi lo abbiano maggiormente influenzato, dice, “quello di San Francesco. In quel momento avevo molti dubbi sulla fede, su Dio e sugli uomini. Poi è arrivato San Francesco che da quel momento non mi ha più abbandonato. Era un anarchico dell'amore e si è battuto come un guerriero per questo”. Lo stesso è accaduto con Ultimo, “mi ha insegnato quanto è importante combattere per una idea. Lo hanno contestato perché è un uomo che non si è mai piegato, ma ha sempre scelto la strada del confronto e della verità. Insieme abbiamo creato una casa famiglia. È l'esempio di come alle volte si possa combattere senza reprimere, ma creando e insegnando i valori ai giovani. Quando si incazzano, anche i buoni fanno paura”.

Tante le curiosità dei giffoner, che lo hanno portato a ripercorrere alcune tappe della sua carriera, dalla partecipazione in Alien (“mi sentivo un piccolo italiano, quasi un emigrante in cerca di lavoro. Ero felicissimo di essere stato scelto per quale film, anche se la paura di sbagliare prevaleva sul divertimento”) alla serie dedicata ai Medici (“fare il Papa è stato interessante”). Non sono mancati gli aneddoti, come quando ha ricordato i due schiaffi che non dimenticherà mai: “Il primo è stato quello di Michele Placido in Viva l'Italia, se ci penso mi gira ancora la testa. Il secondo fu di Sofia Loren. Era un film della Wertmuller con Claudia Gerini. Fu uno schiaffone di quelli che una volta si davano al cinema”. Infine una promessa: “Voglio venire a Giffoni per farvi vedere L'ultima gara, al vostro giudizio tengo moltissimo”.

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