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Erri De Luca ai giffoner: “Qui nasce il germe di un'umanità migliore”

21/08/2020

“Giffoni getta le basi per fondare la comunità del futuro. Qui nasce il germe di una nuova umanità. Inventate, progettate. Conservate lo spirito, l'energia e l'entusiasmo che si respira in questi luoghi. Da oggi per me Giffoni non è un paese o un festival, ma il participio presente di un nuovo verbo, Giffoning, perché tutto è in divenire”.  Erri De Luca, scrittore, giornalista, poeta e traduttore, ha incantato la platea della sala blu della Cittadella del cinema, raccontando il suo rapporto con la scrittura ed i suoi esordi, senza sottrarsi alle numerose domande dei giffoner, dal rapporto tra uomo e natura, che lo ha visto protagonista del dibattito nazionale anche in piena pandemia, al ruolo dei giovani, dalle fragilità dell'essere umano alle contraddizioni dell'adolescenza. Si definisce un lettore e non uno scrittore, “perché ho sempre trovato molta più soddisfazione nel leggere che nello scrivere. La lettura ti regala illuminazioni”. I percorsi si intrecciano nell'infanzia e i ricordi portano alla biblioteca paterna, un luogo senza censure e, soprattutto, senza libri per bambini.

“Il grande vantaggio di quell'esperienza è che mi ha consentito di conoscere il mondo degli adulti dal di dentro, con i loro drammi e le loro fratture – ha raccontato – Sapevo come erano fatti, ma non potevo rispondere a quell'universo che sentivo lontano. Ad esempio, non mi spiegavo i drammi per amore. Lo svantaggio è stato quello di sviluppare dentro di me un processo continuo che terminava puntualmente con una condanna senza appello nei confronti delle persone più grandi”. Dopo l'esperienza del calamaio con le sue geometrie, i pennini da intingere nell'inchiostro con difficoltà, le lotte con le pendenze di banchi scolastici inadeguati e la scelta dell'incidenza dell'angolo sul foglio, la svolta arriva con la penna Bic: “È stato allora – ha ironizzato – che ho capito che avrei potuto scrivere”.

Il primo racconto, firmato a nove anni, era dedicato a un pesce e, con il senno di poi, rappresentava una sorta di manifesto anti Esopo e “la tirannia che lo portava a rendere gli animali dei burattini”. Il suo pesce era semplicemente un pesce che non conosceva nulla del mondo umano. Di lì, le parole hanno iniziato a moltiplicarsi sul foglio bianco, costruendo l'evoluzione continua del linguaggio. “Leggere molto ci rende proprietari della nostra lingua e non clienti – ha continuato De Luca – Leggere ha un effetto sanitario, perché il libro migliora il sistema immunitario e ci fortifica nei confronti delle bugie e delle falsificazioni”.

Il primo libro poco prima dei quarant'anni, “ma questo non ha fatto di me uno scrittore se non agli occhi di mio padre. E neanche ora posso definirmi scrittore. Diffido di chi fa della scrittura un mestiere e anche delle scuole di scrittura, non le ho mai frequentate, né ho mai accettato inviti per insegnarvi. Per essere uno scrittore devi abbracciare la rassegnazione esclusiva di mettere tutto dentro la scrittura. Per questo – ha detto rivolgendosi ai ragazzi – non vi inviterei a seguire questa strada”. La parola nuda seduce, ma non lo fa meno dell'immagine.

“Il cinema è meraviglioso – ha precisato – ma non ha nulla a che vedere con la scrittura. Un film non è il regista o l'attore, sono i titoli di coda, tutta quell'enorme marea di persone che compongono tassello dopo tassello un'opera collettiva. Il cinema è il risultato di questa pluralità di competenze, a prescindere dalla storia che si sta raccontando”. A chi gli ha chiesto cosa pensasse del cinema di oggi, De Luca ha risposto: “Il nostro cinema è meno bello di prima, perché non ci sono più i produttori che nel dopoguerra decisero di investire in questa industria, riempiendo le sale. La produzione italiana è soffocata, mentre quella estera ci offre ancora delle sorprese”. Ma è sui giovani, sulla loro identità e sulle loro infinite possibilità che ha voluto concentrarsi. “La generazione del dopoguerra, la mia, è stata molto numerosa. Eravamo una quantità di marmocchi nati dopo la decimazione, a causa della guerra, della generazione precedente. Le fibre di quella società tendevano a riprodursi e l'Italia di quegli anni brulicava di nozze e nascite. Voi ragazzi, invece, vi trovate in una situazione strana. Siete pochi, dopo il Giappone siamo il Paese più vecchio del mondo. Ma la vostra riduzione numerica è compensata da misteriose qualità e competenze. Studiate e avete progetti per il mondo, anzi, sentite la responsabilità del futuro del mondo. Questo festival – ha ribadito De Luca – è una specie di acceleratore di particelle per una generazione come la vostra, che è per certi versi presocratica, dal momento che vuole spiegarsi com'è fatto il mondo e salvarlo. Ecco perché sono convinto che sarete capaci di inventare un'economia della riparazione opposta a quella dello spreco”.

Il riferimento è ai movimenti giovanili nati intorno alle tematiche ambientali, come i Fridays4future. “Si dice che il pianeta terra sia a un punto di non ritorno. Non credo sia così, ritengo invece che riuscirete ad afferrare in tempo quel punto e a sbarazzarvi delle generazioni precedenti”. Inevitabile la riflessione sul rapporto con la natura: “Per me natura è dove non c'è l'uomo. Sono le montagne che scalo, dove la mia presenza è del tutto irrilevante. Il resto lo chiamo ambiente ed è tutto ciò che ci circonda. Questa epidemia – ha precisato – ha fermato le nostre attività e ci ha costretto a ragionare su quale prontezza di reazione abbia avuto l'ambiente per riprendere fiato e riappropriarsi dei suoi spazi”. De Luca ha poi ricevuto dal fondatore e direttore di Giffoni Opportunity Claudio Gubitosi un premio che ha voluto destinare alla famiglia di Giulio Regeni. “Erri ci ha regalato il privilegio delle emozioni”, ha commentato Gubitosi, consegnandogli anche una raccolta di stampe che raccontano i momenti principali dei primi cinquant'anni del Festival.

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