di Maria Francesca Troisi - Cronache
“La musica è un business attorno al quale vivono tante figure professionali, che al momento non lavorano”; “L'arte è concepita come un mestiere non indispensabile, che può essere abbandonato a sé stesso” “Se i tifosi possono festeggiare, bisogna garantire che riprendano anche i concerti”; “Festeggiamo 25 anni dalla vittoria a Sanremo Giovani” Nonostante la graduale ripartenza, il settore dello spettacolo vive ancora nell'incertezza. L'emergenza sanitaria ha colpito duramente il mondo della musica italiana, che la scorsa settimana è sceso compatto "in campo" con una campagna social mirata a destare l’attenzione delle istituzioni, affinché si possano riconoscere i diritti costituzionali di centinaia di migliaia di lavoratori del comparto culturale italiano. Anche la band salernitana dei Neri per Caso (Ciro Caravano; Gonzalo Caravano; Domenico Caravano; Mario Crescenzo, Massimo de Divitiis; Daniele Blaquier) ha aderito alla campagna social, unendosi ai numerosi colleghi e addetti ai lavori: lo scopo è chiedere “a gran voce” di non dimenticare la sorte dei lavoratori del settore. La campagna social #senzamusica - #iolavoroconlamusica è un ulteriore tentativo per scuotere le istituzioni nei confronti della filiera musicale.
Ha avuto l'esito sperato?
“È ancora presto per capire se ha avuto l'impatto sperato; era sicuramente doveroso manifestare la nostra solidarietà: noi viviamo di musica! Quando si pensa agli artisti si pensa agli artisti e basta, senza pensare a tutte le figure professionali che ci sono intorno. Invece parliamo dell'autista che ti porta ai concerti e in hotel, degli impresari, i fonici, i tecnici, i musicisti...”
Voi artisti avete sottolineato le difficoltà di chi lavora "dietro le quinte". Avete usato la vostra popolarità "a loro servizio"?
“Assolutamente sì, è chiaro che non pensiamo solo a noi stessi; la musica è un business attorno al quale vivono tante figure professionali, che al momento non lavorano”. Un hashtag è sufficiente per far capire tutto questo? “Ci auguriamo che abbiasensibilizzato qualcuno, di certo non basta solo questo. La concezione che molti hanno dell'arte è che sia un mestiere non indispensabile, da poter essere abbandonato a sé stesso”.
La campagna social nasce dal coordinamento "La musica che gira"; non è un caso che arrivi in concomitanza con il 21 giugno, festa della musica. Il settore musicale rischia seriamente di non risollevarsi?
“Leggevamo l'intervista a D'Alessandro, in occasione del concerto di McCartney; diceva che nel caso durasse l'emergenza, il rischio di chiudere per sempre era concreto. E parliamo di una delle agenzie più grandi in Italia... Su McCartney si è scatenato però un caso a parte. È giusto non rimborsare dei biglietti per un tour che non ci sarà più? Non semplicemente rinviato, ma cancellato definitivamente. Va detto che c'è un decreto che lo permette. È comunque assurdo che se si compra un biglietto per McCartney si vada ad assistere ad altro, anche se fossero i Rolling Stones! Chiaramente è doveroso pretendere il rimborso”.
Durante il lockdown alcune vostre canzoni sono state reinterpretate anche all'estero...
“È stato un grande onore; c'è stato un coro austriaco che ha reinterpretato "Le ragazze": abbiamo prontamente condiviso l'esibizione sui nostri social. Questo vuol dire che la nostra musica è ancora amata”.
Il 2020 è un anno importante per voi: festeggiate i 25 anni dalla vittoria a Sanremo Giovani, proprio con "Le ragazze". Bolliva qualcosa in pentola per la ricorrenza?
“A metà febbraio siamo stati a Miami a registrare un duetto con un artista venezuelano (Neguito Borjas): siamo tornati poco prima del lockdown! Ora contiamo di rimetterci in moto quanto prima, come si potrà, per celebrare anche questa ricorrenza”.
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