“Interventi chirurgici dissimulati come prestazioni intramoenia, utilizzando l’ospedale come clinica privata, percependo indebiti compensi non dichiarati spesso oggetto di contrattazione con il paziente”. Il giudice per le udienze preliminari presso il tribunale di Salerno, Gerardina Romaniello, ha rinviato a giudizio l’ex primario della neurochirurgia dell’ospedale “San Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona di Salerno, Luciano Brigante, difeso dagli ’avvocati Silverio Sica, Paolo Carbone e Alberico Villani. Il camice bianco il prossimo 20 ottobre comparirà dinanzi alla seconda sezione penale collegiale del Tribunale di Salerno. Il Gup ha accolto la richiesta presentata dal pubblico ministero titolare del fascicolo investigativo. Insieme a Brigante è stato rinviato a giudizio, ma per un solo capo d’imputazione anche il dottor Renato Saponiero e Gaetano Liberti. Disposto il non luogo a procedere per Annarita Iannicelli, caposala del reparto di Neurochirurgia del Ruggi, difesa da Stefania Pierro. Per il dottor Renato Saponiero, direttore del Dipartimento di neuroscienze e patologie cranio-facciali,difeso da Agostino Allegro,il gip Romaniello ha prosciolto il noto medico dall’accusa di abuso in atto d’ufficio rinviandolo a giudizio solo per omessa denuncia. All’epoca il medico per le gravi accuse a suo, non confermate, subì la sospensione dall’attività lavorativa per un lungo periodo. Quindi la misura interdittiva, posta in essere a sua mese, è venuta meno in toto prima su decisione della Suprema Corte e ieri su disposizione del giudice per le udienze preliminari. La vicenda giudiziaria, in cui è rimasto coinvolto anche il luminare Takanori Fukushima , è quella delle elargizioni alla clinica di San Rossore, in Toscana, che, ad avviso degli inquirenti, altro non erano che le mazzette per scavalcare posti nelle liste di attesa. Le indagini riguardarono pazienti anziani o comunque in condizioni gravi, in pericolo di vita: quando gli veniva proposto, secondo l'accusa, di aggirare la lista d’attesa per farsi operare prima del previsto, pagavano quanto loro richiesto. Ai meno abbienti venivano praticati degli sconti. Le tariffe variavano da un minimo di 1500 euro ad massimo di 60mila euro a seconda della complessità dei casi. Se il paziente moriva, ai familiari veniva restituito il denaro.
FONTE: Cronache
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