Il chirurgo risulta positivo al tampone e il reparto nocerino viene chiuso, con relativo trasferimento di pazienti contagiati a Eboli. Che non sarebbero gli unici. All’appello infatti ci sarebbero anche infermieri e un operatore socio sanitario. Dunque, il reparto è da sanificare e, ieri, si è reso momentaneamente off limits. Le procedure da seguire prevedono dei tempi e i pazienti devono essere messi in luoghi idonei. Le direttive hanno indicato il trasferimento presso l’ospedale di Eboli dove c’è la chirurgia Covid. Ma l’attenzione resta alta se si pensa che a Nocera, nell’ospedale "Umberto I", il più grande della Asl Salerno, risultano, al momento, circa dieci operatori, a vario ruolo, contagiati dal Covid. Una media ufficiosa che comunque non piace. I test rapidi sono partiti, procedono, e stamani vedranno gli operatori della Rianimazione, Pronto soccorso, Radiologia, Blocco operatorio, Chirurgia d’urgenza, Emodinamica e Utic sottoporsi al prelievo. Un momento particolare, delicato, che vede gli stessi protagonisti del mondo sanitario preoccupati. Non sempre si sentono messi in condizioni di lavorare nel migliore dei modi. La direzione sanitaria ospedaliera, intanto, ha stilato le Linee guida per i Percorsi ad hoc.
A SALERNO MONTA LA POLEMICA
“Ci troviamo dinanzi al coronavirus, non alla tubercolosi”, il pensiero di Luigi Greco, noto infettivologo, rientrato in servizio al “Ruggi” dopo lunghi anni di pensione per l’emergenza Covid-19. Il trasferimento di pazienti al "Da Procida" ha fatto inorridire il noto professionista salernitano che ha mostrato tutto il proprio disappunto. «E’ demenziale una tale decisione dopo le spese effettuate per allestire al meglio il Reparto al San Leonardo oltre la fatica per renderlo efficiente per l’emergenza», afferma stizzito per poi continuare, spiegando il motivo delle sue rimostranze. «Non si può pensare di ricoverare tutti i malati di Covid-19 al “Da Procida”, che non offre altri Reparti per le diverse patologie, ai quali vanno incontro i degenti, con complicanze. La struttura in questione potrebbe esser utilizzata per il post emergenza, quando cioè i pazienti, che vanno incontro a un lungo periodo di convalescenza, hanno bisogno d’esser monitorati e seguiti dopo la fase acuta. In particolare, mi riferisco alla riabilitazione respiratoria. Ora esiste il problema con i dimessi, che non sappiamo dove mandarli. Non so quale sia il motivo del trasferimento al “Da Procida”. Al Ruggì abbiamo trattato le patologie infettive più delicate sempre con estrema cautela d’isolamento, da esperti». Secondo quanto afferma Greco, dunque, si rischierebbe di sballottare il paziente fra i due nosocomi, a secondo delle eventuali patologie che potrebbero sorgere nel decorso dell’infezione da coronavirus. «Non so chi sia stato l’arbitro di tale decisione, che peggiora il nostro quadro di prestazione sanitaria: la scelta è stata scellerata. Dopo un mese circa dalla fase prodromica, il paziente deve essere seguito costantemente e non può la famiglia ottemperare a tale esigenza. Ancora una volta si marcia nella direzione errata. Si continua a non focalizzare il problema sanitario e ad affrontarlo per il verso giusto». Ma ne ha per tutti il noto infettivologo. «Si parla solo di misure restrittive, per il contenimento, anziché mirare ai tamponi a pioggia per la popolazione. Occorre isolare i casi che sono stati a contatto di quanti venuti dalle prime zone rosse del Nord, che potrebbero esser stati contagiati e risalire ai contatti avuti da tali individui. I costanti dati, non rivelano la veridicità a livello nazionale: le previsioni vanno fatte sui decessi, il 10% dei contagiati, che finisce in Rianimazione. Il virus presenta tanti asintomatici, il che vuol dire non in pericolo di vita. Occorre fare i tamponi subito, a chi presenta possibilità d’infezione, non attendere giorni e farli bene, al naso e alla gola e, successivamente, saperli bene interpretare».
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