“Forse solo in paradiso l'umanità vivrà per il presente; finora è sempre vissuta d'avvenire”.
Anton Cechov affida ai “Quaderni” questa massina, una massima che da sola è sufficiente a disvelare e a riassumere il senso di caducità dell’inesorabile e di attesa del mistero, una costante nell’opera dello scrittore russo. Nell’opera dell’autore de “I Racconti”, è costantemente presente una densa ed articolata analisi degli stati d’animo più complessi dell’uomo, specie se di quest’uomo, una componente essenziale è un animo ed un equilibrio mentale apparentemente lineare. Il personaggio cechoviano appare al lettore costantemente diviso tra un’apparente calma quotidiana e da una turpe insoddisfazione interiore che lo porta ad un’autocoscienza profonda ed esaustiva.
Una costante, questa, che trova realizzazione anche in uno dei testi più complessi dello scrittore e drammaturgo russo come “Il Gabbiano, scritto nel 1895 e composto da quattro atti.
Oltre che per l’intensa trama e la profondità del testo, il Gabbiano è un testo fondamentale anche per la proficua collaborazione tra Cechov e Stanislavskij per la migliore realizzazione del contrasto realtà psicologia dei protagonisti.
A mettere in scena una rilettura del testo cechoviano nel teatro massimo di Salerno, il Teatro Verdi, è stato il regista Giancarlo Sepe che, avvalendosi dell’ecclettismo di Massimo Ranieri, ha potuto stimolare la fantasia e la duttilità del pubblico con un adattamento musicale avvalendosi di un brechtiano straniamento sul personaggio inventato di Ranieri che viveva la vicenda su se stesso.
Autore, narratore, attore, Massimo Ranieri racconta dall’esterno una vicenda tragica ed esistenziale. Rompendo la quarta parete (anche se mai del tutto), affida alla recitazione ed all’altra nuova protagonista del dramma, la musica, la vicenda narrata.
Il giovane poeta Konstantin Treplev, scrittore alla ricerca di vie nuove poetiche da sperimentare, assiste alla degenerazione mentale del giovane Kostja, autore teatrale esordiente che difetta di stile quanto di autostima, avverte lo scherno e l’odio della madre Irina Arkadina (interpretata da Caterina Vertova) celebre attrice che gli rimprovera l’inettitudine ed il conseguente parassitismo vitale. Nina, la sua giovane vicina di cui è innammorato, non di rado e volentieri si offre di recitare il suo testo. Ella, aspirante attrice, è innammorata di Trigorin, (interpretato da Pino Trufillaro) scrittore mediocre ma a cui fama e successo hanno sorriso.Ancora innammorata di lui, Nina semnra non accorgersi della profonda tristezza che alberga nell’animo di quest’ultimo, non essendo neanche lui realmente soddisfatto di se stesso. Il dramma si conclude con il suicidio di Treplev che, sentendosi abbandonato dalla stessa Nina e dalla sua arte, si spara un colpo di rivoltella in testa.
“Alla prima uscita de Il Gabbiano l’insuccesso fu pieno – racconta Sepe – L’autore già reduce da un altro tonfo alla prima di Ivanov (che si tramutò in un successo in un’altra città), era incredulo, stentava a capire cosa fosse successo. La sua precoce affermazione con i suoi racconti pubblicati in riviste letterarie e no, gli aveva alienato le simpatie della critica che lo tacciava di arroganza e iattanza: Anton faceva una vita ritirata, non frequentava i salotti e faceva il medico, aiutando la povera gente”.
L’adattamento musicale e l’inserimento quasi brutale che il regista napoletano che ha fatto storcere il naso a qualche benpensante, rendono grazie alla magistrale interpretazione del classico personaggio checoviano diviso e spesso irriso dalle arti a cui si dedica.
Il poeta Treplev, devastato dall’insicurezza che accomuna gli altri personaggi del dramma, similmente con Zio Vanjia, altro personaggio drammatico e sfortunato dello scrittore russo, ricerca nella quotidianità e del vivere del suo lavoro l’equilibrio esistenziale dei suoi pensieri cupi.
“Il Gabbiano” di Cechov nella versione di Giancarlo Sepe è andata in scena al teatro Verdi di Salerno nei giorni 31 gennaio-4 febbraio. Nel cast, oltre Massimo Ranieri ed il già citati Pino Trufillaro e Caterina Vertova, Federica Stefanelli, Martina Grilli, Francesco Jacopo Provenzano.
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