"Ero arrivato ad un passo dal sogno poi mi sono dovuto immergere nella realtà". Con queste parole mister Nino Belmonte inizia a confessarsi in uno dei momenti più difficili della sua vita ma lo fa con estremo coraggio, dignità e voglia mai sopita di riprendere a sognare. "L'ultimo grande exploit del settore giovanile della Salernitana, non per presunzione ma per dati di fatto conclamati, lo si è avuto con il mio gruppo e quello di Luca Fusco. Era l'anno in cui i vari Filippo e Simone Inzaghi si proiettavano dagli Allievi alle prime squadre passando per la Primavera e noi eravamo lì, a competere su scala nazionale con umiltà e progettualità tecnica con tanti ragazzi svezzati nella loro città e con la loro squadra del cuore. Cose che purtroppo nel calcio d'oggi contano poco e niente, il circolo vizioso che si è creato a livello economico coinvolgendo famiglie e società ha bruciato la corsa a tanti talenti, impedito ai tecnici di imprimere una propria idea ma anteporvi il risultato che spesso e volentieri non è neanche quello sportivo, ma quello lucrativo. Tanto tra i professionisti, quanto tra i dilettanti, motivo per cui spesso ho rifiutato proposte di allenare in determinati contesti".
Non è il mondo che sognavamo da bambini, verrebbe da dire, ma proprio come i bambini non si pongono mai limiti alla provvidenza ed alla speranza di un futuro migliore, in cui la meritocrazia torni a fugere da parola chiave: "La morte di mio zio Angelo, di Alberto Massa è emblematica in tal senso - prosegue Belmonte - Non ci sono più le guide umane di una volta ma tanti piccoli robot programmati per eseguire ordini dall'alto. Ma io non mi arrendo e, proprio ora che sto affrontando e combattendo una brutta malattia, sono convinto che tornerò ad allenare dalla porta principale".
I numerosi attestati di stima e incoraggiamento piovute in questi mesi fanno da sprone per Belmonte che non fa mistero dei suoi problemi ma anzi si erge ad esempio positivo per affrontarli e superarli a testa alta: "Ci vuole coraggio, quello che spesso e volentieri chiediamo ai nostri ragazzi quando scendono in campo. Ma la cosa fondamentale resta la passione, quella che a prescindere dalla tematica trattata, ti consente di entrare a contatto con tante persone e coltivare nel tempo i veri rapporti umani. Per me è stata e sarà il calcio, una famiglia allargata che in vari modi mi affianca e supporta in questa battaglia, fonte di emozione e batticuore nonostante le tante, troppe porcherie. Ma le "mosche bianche" esistono, mosse per l'appunto dalla passione. Amici che lottano con te e per te".
A tal proposito significativa è l'iniziativa della Nuova Neugeburt che all'attività giovanile affiancherà con un mix di giovani e veterani del nostro calcio una prima squadra pronta a partire dalla Terza Categoria, con un simbolo scelto non a caso: l'araba fenice, emblema della resilienza. La capacità di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà. Un'avventura dedicata proprio a Nino Belmonte che farà parte integrante dello staff tecnico del team caro alla famiglia Ramora con un obiettivo ben preciso: vincere la partita più importante, quella da allenatore della sua vita.
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