dal quotidiano "Il Mattino" del 25 Ottobre
Scoperto e brevettato all’Università di Salerno il biomarcatore per la diagnosi precoce e tempestiva del tumore al polmone. La ricerca, realizzata nell’ambito dei laboratori del dipartimenti di Farmacia, è stata presentata in occasione dell’inaugurazione della nuova aula del corso di laurea in Agraria. Il biomarcatore consiste in una proteina appartenente al gruppo delle caspasi, presente in quantità cinque volte superiore alla norma nel sangue di pazienti con cancro polmonare. Lo sviluppo successivo prevede la produzione e commercializzazione di un kit diagnostico per l’individuazione del biomarcatore in una fase precoce della malattia.
«Nasce tutto dalla ricerca di base finanziata e sponsorizzata dall’ateneo – spiega la ricercatrice Rosalinda Sorrentino, Ceo di ImmunePharma Srl, lo spinoff universitario che ha brevettato il risultato scientifico – Siamo passati poi all’applicazione su campioni umani e all’elaborazione di un prototipo. Il modello è in grado di effettuare una diagnosi precoce per il cancro ai polmoni, mettendo in evidenza il biomarcatore. Attraverso questa proteina è possibile evidenziare anche i piccoli noduli non visibili alla diagnosi tradizionale. Perché è importante? Perché spesso i sintomi del cancro sono o non visibili oppure molto simili ad altre patologie a livello respiratorio, per cui molto spesso si confonde».
Obiettivo è fare uno screening di tutti i soggetti a rischio, tra cui forti fumatori e soggetti esposti all’inquinamento ambientale o con patologie croniche come la Bpco, ovvero la BroncoPneumopatia Ostruttiva, al fine di evidenziare nel sangue questa proteina che conta un potere diagnostico superiore al 95%. «Una volta validato clinicamente e verificato, ottenute le approvazioni dal ministero, il nostro kit è pronto per entrare sul mercato e il cittadino può decidere di sottoporsi al test, dietro consultazione dei medici di base», insiste Rosalinda Sorrentino. Almeno nove i ricercatori coinvolti, in particolare giovani ricercatrici, tra cui le dottoresse Terlizzi e Coraluzzo. «La ricerca non si può definire lavoro, ma passione insiste - perché c’è una forte spinta motivazionale. È un team quasi tutto in rosa».
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